Per ricominciare bastano 30 minuti. E’ il tempo che è rimasto in campo Francesco Flachi, classe 1975, nella partita Signa-Prato del campionato di Eccellenza, ma per l’ex bomber di Fiorentina e Sampdoria sono il simbolo della rinascita. Ad applaudirlo non c’erano le migliaia di ragazzi della curva Fiesole e neppure i tantissimi tifosi doriani che non hanno dimenticato quel ragazzo dell’Isolotto, il quartiere fiorentino dove Flachi è cresciuto calcisticamente, che nella classifica dei marcatori della Samp, con 110 reti è dietro solo a Roberto Mancini (171) e Gianluca Viallli (141). Sugli spalti del piccolo stadio di Signa c’erano ottocento spettatori, molti dei quali venuti proprio per applaudire la rinascita di Flachi, in un’assolata ma fredda domenica di febbraio. Tra questi l’allenatore che più ha creduto in lui, Walter Novellino detto Monzon. Non lo ha mai perso di vista, neppure nei periodi più bui della vita del “ragazzo che gioca bene”, in quei dodici anni in cui Flachi è stato lontano dai campi di calcio per la squalifica per doping e si è trasformato in paninaro al Ponte Rosso, uno dei luoghi simbolo di Firenze.

Il sorriso ritrovato del fantasista

Ma chi il calcio ce l’ha nel sangue non smette mai di essere calciatore e Flachi è uno di questi. A 47 anni la tecnica c’è ancora e pure il fiato per restare in campo almeno un tempo. Ma al di là dei minuti giocati quello che conta è il sorriso ritrovato del fantasista con il vizio del gol e il messaggio che manda ai tanti che commettono errori:

“Nella vita si può sbagliare ma io vado sempre a testa alta. So di essere stato un brutto esempio, so di aver sbagliato ma ho fatto male solo a me stesso e a chi mi è stato vicino a livello morale, ma con loro ho recuperato”.

Uno su mille ce la fa, canta Gianni Morandi, e fino a quando non suona la campana, vai. Corri Flachi corri. E insieme a te tutti quelli che hanno fatto lo stesso errore ma vogliono rinascere. A 47 anni si può.

Stefano Bisi