Tra Sanremo a San Valentino cresce, a causa del caro bollette, la preoccupazione per le serre dove si coltivano i fiori che tanto amiamo. Lo abbiamo visto sul palco del Festival della Canzone: coloratissimi mazzi di fiori regalati agli artisti, all’orchestra, agli ospiti intervenuti durante le cinque serate. Lunedì prossimo saranno migliaia i bouquet acquistati dagli innamorati per festeggiare il 14 febbraio. In tutto questo però il caro bollette sta mettendo in ginocchio il comparto dei fiori italiani. L’allarme arriva direttamente dalla Coldiretti.

Tra Sanremo e San Valentino: il caro bollette colpisce i fiori italiani

Secondo la Coldiretti il settore “sta affrontando un difficile momento di crisi a causa dell’esplosione dei costi energetici delle serre che hanno messo in ginocchio i vivai nazionali”.  L’invito è ad acquistare fiori italiani, direttamente dai produttori o da punti vendita che ne garantiscano l’origine nazionale, per difendere le aziende, l’occupazione, l’ambiente e il territorio. “Il grande successo del Festival è una opportunità per ridare slancio ad un settore da primato del Made in Italy che è il simbolo della bellezza e della creatività italiana nel mondo. L’emergenza energetica si riversa, infatti, non solo sui costi di riscaldamento delle serre, ma anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. Il rincaro dell’energia non risparmia fattori fondamentali di produzione come i fertilizzanti con aumenti che vanno dall’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%) alle torbe con un +20% mentre per gli imballaggi gli incrementi colpiscono dalla plastica per i vasetti (+72%) dei fiori al vetro (+40%) fino alla carta (+31%) per i quali peraltro si allungano anche i tempi di consegna, in qualche caso addirittura quintuplicati”.

Le difficoltà delle imprese florovivaistiche nazionali

Continua la Coldiretti ricordando come in altri settori si possono “concentrare le operazioni colturali nelle ore di minor costo dell’energia elettrica mentre  le imprese florovivaistiche non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura. Le rose ad esempio hanno bisogno di una temperatura fissa di almeno 15 gradi per fiorire e lo stesso vale per le gerbere, mentre per le orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire ed in assenza di riscaldamento muoiono. E chi non riesce e far fronte agli aumenti è così costretto a spegnere le serre e cercare di riconvertire la produzione”.  Quello delle 27.0000 aziende florovivaistiche è un settore cardine per l’economia agricola del nostro Paese: vale oltre 2,57 miliardi di euro con un indotto complessivo di 200.000 occupati. Facile comprendere poi come l’eventuale scomparsa dei fiori italiani dai mercati  possa favorire le importazioni da Paesi stranieri: nel 2021 queste hanno già registrato un aumento del 20% in valore, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno. Aspetto non trascurabile, ricorda ancora la Coldiretti, è quello etico: “spesso si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento come nel caso delle rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti e i fiori dalla Colombia ed Ecuador dove ad essere penalizzate sono in particolar modo le donne”.