Loro sono i favoriti per la vittoria finale. Non solo, loro sono quelli che puntano al Grand Slam, a un torneo da chiudere da imbattuti, rinfrancati dalla vittoria ottenuta lo scorso autunno contro gli All Balcks così da mettere fine a un digiuno che dura ormai da più di dieci anni.
Noi venivamo da trenta sconfitte consecutive. Mettevamo in campo un gruppo nuovo, dall’età media di 24 anni e capace di sommare complessivamente poco più di 100 presenze collettive nel nostro quindici di partenza.
Sei Nazioni: per l’Italia del rugby una sconfitta da interpretare nel modo giusto
Giocavamo in trasferta e loro avevano sessantamila spettatori a sostenerli. Avevano più certezze che quesiti a cui rispondere e un futuro che sa di speranza a un anno di distanza da un Mondiale che la Francia ospiterà in casa nel 2023. Noi siamo alle prese con un riassetto federale che sta cercando di invertire una rotta che sin qui non aveva dato i risultati sperati, fagocitando generazioni di atleti senza abbinare risultati che giustificassero la bontà del percorso intrapreso.
Dopo i primi 40′, con la Francia in vantaggio 18-10 e un primo tempo in cui più volte avevamo dimostrato di poter opporre idee e grinta a un avversario più dotato in termini di talento e dimestichezza con l’attrezzo del mestiere, la speranza era quella di assistere a una seconda frazione di gioco che confermasse quanto di buono fatto sin lì, e magari confermasse che dal punto di vista del fitness, della forma fisica e della resistenza a certi livelli, avessimo finalmente preso la strada giusta.
Invece, come da copione, i nostri avversari nel secondo tempo hanno preso il largo chiudendo il match sul 37-10 in loro favore. I numeri però non dicono tutto quello che l’Italia ha messo in campo nell’arco della partita. In primis, l’impressione di avere le idee chiare su quel che bisognava fare; poi, l’atteggiamento necessario per cercare di portare a termine il compito; infine, il carattere cui aggrapparsi anche quando logica e cronometro hanno già decretato la sconfitta di giornata.
Un’Italia dalle idee chiare chiamata ora alla conferma dei progressi fatti sin qui
E’ stata un’Italia presente quella che ha ceduto allo Stade de France di fronte alla Francia, che ha confermato – e comprendiamo che sia difficile rintracciarli – i progressi e la bontà della via scelta da questo nuovo management. Nuova generazione, nuove linee guida, e nuovo approccio nel tentativo di invertire una rotta troppo a lungo deludente e priva di qualsiasi sbocco.
Adesso la sfida sarà quella di provare a mantenere questi standard durante tutto l’arco del torneo, quando ci ritroveremo di fronte avversari magari meno tecnici ma più fisici, in cui diverso sarà l’interrogativo cui saremo chiamati a rispondere, e a cui dovremo cercare di farlo provando al tempo stesso di applicare il nostro piano, le nostre risorse, le nostre qualità. Non sarà facile, il rugby è sport che non fa sconti. Ma anche nelle sconfitte c’è sempre qualcosa di buono da cui ripartire e su cui provare a costruire il resto del viaggio. Sarà questa la sfida da vincere, la verifica che non possiamo permetterci di fallire.