Prende il via domani il Sei Nazioni di rugby e per l’Italia l’esordio è di quelli proibitivi. A Parigi, il 15 guidato da Kieran Crowley affronterà la Francia il cui allenatore, Fabien Galthié, risultato quest’oggi positivo al Covid non potrà esser presente sulle tribune dello Stade de France. Il calcio d’inizio è fissato per le ore 16. Ma la partita, a bene vedere, è iniziata molto tempo fa.

Francia e Italia: diversi e distanti, nel rugby e nel Sei Nazioni

Noi e loro. Italia e Francia. Vicini eppur distanti. Non solo le Alpi a separarci. Se di mezzo c’è un pallone ovale la distanza cresce, ma non è detto che non possa essere colmata. Loro, i galletti, restano davanti: tradizioni, scuola, prestigio e trofei. Noi da loro abbiamo attinto: tecnici in primis, e poi anche nozioni, scuole, idee. Il resto ce lo abbiamo messo nel corso degli anni: meno champagne, meno bollicine. Al loro gioco arioso noi opponiamo il nostro da trincea, dove loro ricercano gli spazi con la corsa noi invece tendiamo a costruirceli col fisico. Ed è qui che qualcosa ha iniziato a incepparsi nei nostri ingranaggi.

I muscoli non risolvono ciò che la testa non riesce a comprendere. Né si può far loro appello quando si vuol colmare un gap pluridecennale in termini di tradizioni, praticanti, diffusione e seguito. In questo arranchiamo, e i risultati recenti dei nostri non hanno incoraggiato una ripresa né riacceso quell’entusiasmo di cui viveva questo sport quando si affacciò al pubblico mainstream ormai più di venti anni fa.

Un Sei Nazioni per ritrovare fiducia

Sono passati gli anni, si son succedute le generazioni, e con loro le sconfitte, prima onorevoli poi sempre più dolorose fino a trasformare le nostre ultime 5 partecipazioni al torneo in un vero e proprio calvario. L’anno scorso, alla vigilia della stessa sfida, L’Equipe titolò etichettando la sfida a “Un esercizio di applicazione”. Per loro, ça va sans dire. E così fu, ahinoi.

Ora non resta che riprovarci. Avanza, sostieni, continua. Sono i principi di questo sport che ogni rugbysta conosce. Applicarli potrebbe non bastare se di fronte avremo chi riuscirà a farlo meglio di noi. Sarà importante però provarci fino in fondo, non arrendersi nella testa ancor prima che nel fisico: perché il torneo, chiusi i primi 80′, sarà ancora lungo e tutto da giocare; perché sarà un torneo tra i più competitivi degli ultimi anni con tutte le Union dell’emisfero nord capaci in autunno di battere le tre rivali dell’emisfero sud (Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa); e perché per quanto cruda e spietata possa essere la regola non scritta di questo sport, la partita più importante è sempre quella che si dovrà giocare e per vincere non occorrono fortuna, né serve appellarsi alla cattiva sorte. Si dovrà essere i più forti: quel giorno, contro quell’avversario, e a dispetto di tutto. Difficile? Sì, almeno finché non iniziamo a provarci.