Il 2022 non si è aperto all’insegna del sociale per le centinaia di migliaia di persone che non possono più pagare l’affitto come conseguenza della pandemia o della ristrutturazione economica preesistente. Il 31 dicembre si è concluso infatti il blocco degli sfratti. La misura introdotta nel marzo del 2020 dal governo Conte II con il Decreto Cura Italia per tutelare gli inquilini dall’impatto del lockdown.
La Corte Costituzionale ha sancito che non sono più ammesse proroghe. Quindi la macchina delle esecuzioni forzate, dopo quasi due anni di fermo costato caro a migliaia di proprietari, si è rimessa in moto.
Allarme sfratti: a rischio 100mila famiglie
Secondo il segretario nazionale dell’Unione Inquilini Walter De Cesaris è in arrivo una “una valanga da oltre 100mila sfratti”. Nella sola città di Roma se ne attendono circa 4 mila in via di realizzazione. Una situazione che rischia di diventare una bomba sociale con migliaia di persone senza più un tetto sopra la testa. Un pericolo che ha indotto la Caritas a chiedere per la prima volta di partecipare a un tavolo istituzionale. Gli sgomberi causati dalla morosità – si spiega – “richiedono un’attenta riflessione da parte del governo e del parlamento perché il problema è complesso, non è certo nuovo ma è aggravato dalla situazione sanitaria e dalla conseguente crisi economica“.
La Consulta non ha prorogato il blocco
Lo scorso novembre, quando la Corte Costituzionale si è espressa sul blocco riconoscendone la funzione sociale ma solo come misura temporanea motivata dall’emergenza pandemica, ha contestualmente invitato il legislatore ad “adottare, in casi di necessità, altre misure per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato dell’emergenza abitativa”.
Tuttavia, il governo non ha provveduto ad adottare gli interventi alternativi auspicati dalla Consulta. La legge di Bilancio 2022 non destina risorse nuove o nuovi strumenti operativi alle città e nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la “casa”, quella pubblica, è forse una delle parole meno ricorrenti.
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