Grande Centro: il cantiere politico è aperto. La tortuosa vicenda che ha portato al Mattarella-bis ha generato conseguenze contrastanti sul piano degli equilibri. Da un lato è emersa la volontà di mantenere lo “status quo” istituzionale, dall’altro è iniziata una poderosa verifica trasversale dentro i partiti e dentro le coalizioni. Un’analisi che potrebbe anche portare a cambiare la legge elettorale.
In particolare si registra uno sprint sulla strada verso il Grande Centro, il magma che si muove tra i due estremi del Parlamento e comprende Coraggio Italia, le formazioni di centrodestra capitanate da Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello, l’Udc, la federazione di Azione e +Europa e i renziani di Italia viva.
Il Grande Centro
Sono mesi che il senatore di Rignano sta tessendo – senza averne mai fatto segreto – la tela centrista. Quella che, l’altro partner in crime di questa operazione politica, il presidente della Liguria Giovanni Toti, ha definito “modello Margherita”. L’obiettivo: lavorare a una federazione moderata ben radicata, con circa 80 “sentinelle” tra deputati e senatori. Così da avere nel prossimo governo una rappresentanza visibile e importante. In grado di affrontare congiuntamente la sfida elettorale del 2023.
Un progetto che si indirizza alla componente più moderata dell’elettorato con l’idea, in prospettiva, di costruire un terzo polo. Una compagine che sappia declinare in modo concreto una “politica di centro”. Ovvero quegli elementi che sino ad oggi sono scomparsi dall’orizzonte politico perché sacrificati sull’altare del dio maggioritario da un lato e di un finto bipolarismo dall’altro.
Gli equilibri nel centrodestra
Il destino del centro, però, si incrocia inevitabilmente anche con le sorti dell’altre coalizioni e in particolare con Forza Italia, in attesa degli sviluppi riguardo la proposta di un partito unitario e repubblicano lanciata da Matteo Salvini.
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