1938, l’Europa è sull’orlo della guerra. Hitler rivendica i Sudeti ed è deciso a invadere militarmente la Cecoslovacchia, intanto a Londra il premier Chamberlain (Jeremy Irons) porta avanti la sua fallimentare politica dell’Appeasement nel tentativo disperato di far scampare agli inglesi un’altra guerra. Con l’intermediazione di Benito Mussolini il leader nazista finalmente accetta di sedersi a un tavolo. L’inglese Hugh Legat (George MacKay) e il tedesco Paul von Hartman, vecchi amici dai tempi degli studi a Oxford e membri del corpo diplomatico dei rispettivi paesi, si ritrovano come delegati in occasione della Conferenza di Monaco. I due finiranno coinvolti in un pericoloso caso di spionaggio internazionale ai danni del Führer.
Dalla penna di Robert Harris
Intrigante dramma storico basato sul romanzo del 2017 Monaco di Robert Harris – giornalista britannico già autore de L’ufficiale e la spia, da cui è stato tratto il film di Roman Polański – propone le rocambolesche vicende di due giovani diplomatici (personaggi di fantasia), imperniate sulla splendida interpretazione di Jeremy Irons. Un thriller politico come non se ne vedevano da un po’, sobrio ma dal buon ritmo, accurato nel ricostruire lo sfondo storico, ottimamente scritto nelle sequenze con Chamberlain. Ne viene fuori un intrigo appassionante, con retroscena suggestivi e una fusione tra storia e finzione cinematografica – a volte un po’ avventurosa – che riesce a fotografare bene lo spirito di quei giorni.
L’appuntamento con la storia è la firma degli accordi e la conseguente cessione dei Sudeti alla Germania in cambio della promessa di non belligeranza, che dovrebbe placare almeno sulla carta le ambizioni di Hitler. La missione assegnata ai due protagonisti, uno segretario del premier inglese l’altro collaborazionista e sabotatore del Reich, consiste nel mettere sotto il naso di Chamberlain tra mille pericoli e difficoltà il verbale di un vertice tenuto dal Führer in cui si rivelano le sue vere ambizioni per Europa ed ebrei. A quel punto l’anziano leader britannico prima della fine della giornata dovrebbe convincersi della reale minaccia facendo saltare l’accordo. Tutti sappiamo che ciò non accadrà, l’accordo verrà firmato per finire ridotto in carta straccia appena un anno dopo.
Jeremy Irons nei panni del controverso Chamberlain
Il nodo cruciale scomodo e opinabile alla base del film, sta nella rilettura del controverso Appeasement. Qui il suo artefice viene riabilitato, ammantato di nuovo carisma, dignità, intelligenza e proposto come strenuo difensore della pace. Il tiepido e malinconico Chamberlain di Irons, come dice, gioca una partita difficile con le carte che ha. Ma sa redimersi e diventa l’uomo che, fallito miseramente il tentativo di evitare il conflitto, fu in grado di ritardarlo a tal punto da consentire agli alleati di prepararsi a vincerlo.