Aveva festeggiato i 90 anni pochi giorni fa, il 14 gennaio; a distanza di 10 giorni è morto Flavio Carboni. Banchiere e faccendiere dagli oscuri trascorsi era nato a Torralba, in provincia di Sassari, nel 1932. E con la sua morte se ne va una stagione intera di misteri italiani fra massoneria, clero, finanza e imprenditoria.
La ribalta negli anni ’70-’80
Carboni si affacciò nel mondo della finanza a partire dagli anni ’70. Secondo RaiNews, dal 1982 è stato più volte arrestato, trascorrendo in carcere brevi periodi di detenzione. Carboni è stato imputato di numerose accuse: falso, truffa, bancarotta fraudolenta, riciclaggio. Ma l’unica sentenza di condanna definitiva è quella per il crack Ambrosiano Veneto, a 8 anni e 6 mesi di reclusione.
Le amicizie e i coinvolgimenti: dalla P2 al fallimento del Banco Ambrosiano
Fra le sue frequentazioni, Carboni annoverava anche il capo della loggia P2 Licio Gelli, l’ex gran maestro del Grande Ordine d’Oriente d’Italia Armando Corona e altri, fra i quali ci sarebbe stato anche Silvio Berlusconi. Sono noti i coinvolgimenti di Flavio Carboni in alcune delle vicende più oscure del nostro passato. A partire dal crack del Banco Ambrosiano: secondo alcune ricostruzioni, il faccendiere sarebbe stato tramite di un tentativo di accordo fra il mafioso Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra, e il presidente della banca, Roberto Calvi. Da queste accuse, Carboni fu assolto due volte. Nel 1997 il tribunale di Roma collegò gli stessi Carboni e Calò all’omicidio proprio di Roberto Calvi, trovato morto apparentemente suicida a Londra. Il sardo era sospettato di aver trafugato una valigetta con dei documenti per poi ricettarli a un prelato dello Ior, la banca vaticana, monsignor Pavol Hnilica: Carboni fu assolto nel 2002.
La notizia della morte di Flavio Carboni
“Non era San Francesco ma neppure il personaggio tanto misterioso di cui si è a lungo favoleggiato”. A dare notizia del decesso a causa di un infarto è stato lo storico difensore del faccendiere, l’avvocato Renato Bolzone, che ne dipinge un ritratto molto oscuro di quanto invece emergerebbe dalla realtà storica: “Flavio Carboni ha speso tutta la sua vita a difendersi da accuse grottesche che non hanno mai condotto a nessuna condanna definitiva, tranne quella per la bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano”, il ricordo dell’avvocato Borzone. “Tra le accuse più grottesche – ha detto il penalista all’AGI – il processo concluso con un’assoluzione sul cosiddetto ‘omicidio di Roberto Calvi’ e, da ultimo, il surreale processo P3, concluso con un nulla di fatto (per prescrizione)”.