La Svizzera torna a essere terra di incontri fra gli Stati Uniti e la Russia. Dopo che la scorsa estate si sono incontrati nel Paese elvetico, a Zurigo, Vladimir Putin e Joe Biden per il loro primo faccia a faccia, adesso anche relativi responsabili della politica estera si sono visti, a Ginevra. Da una parte Anthony Blinken, segretario di Stato americano, dall’altra Serghei Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa. Sul tavolo, la situazione relativa all’Ucraina. Ma quando si riaprono le porte alla fine del loro rendez-vous, di passi avanti ne sono stati fatti ben pochi.
Colloqui “franchi e sostanziali”
Questa la definizione usata dal segretario Blinken. L’incontro fra i due, secondo la NBC, sarebbe durato circa 90 minuti; un’ora e mezza. Lavrov invece ha confermato come sulla questione Ucraina gli Stati Uniti forniranno soluzioni scritte a Mosca, per cercare di trovare una soluzione alla crescente tensione nel Paese: “Siamo in attesa di una risposta ufficiale alle nostre proposte, dopo di che prevediamo un altro contatto al nostro livello”. Le richieste sono però chiare.
Via le forze straniere da Bulgaria e Romania
Questa la questione principale portata in Svizzera dal Cremlino: nei due Stati, ex membri del blocco sovietico, da giorni sono in fase di allerta forze a guida Nato. L’occidente infatti teme una Ucraina invasa da Mosca; per questo l’Organizzazione nord atlantica ha disposto dei contingenti armati in Romania e Bulgaria: quest’ultima, per bocca del premier Kiril Petkov risponde con un secco Niet. “La Bulgaria è un Paese sovrano, che da tempo ha deciso di diventare membro della Nato. Per questo decidiamo da soli come organizzare la difesa del nostro Paese in coordinamento con i nostri partner”. Eppure, stando al ministro degli Esteri russo, il suo Paese non avrebbe alcuna intenzione di invadere nuovamente i territori di Kiev. Nonostante, secondo i media statunitensi, Mosca avrebbe portato 100.000 militari al confine. Venti di guerra quindi spirano sull’est.
Mosca però spinge per la de-escalation ucraina
Ritirare i contingenti Nato dai due Paesi è la via per disinnescare qualsiasi peggioramento della situazione. O almeno questo è il punto di vista russo sulla questione Ucraina: “Si tratta del ritiro delle forze straniere, degli equipaggiamenti e degli armamenti – secondo Lavrov – al fine di tornare alla situazione del 1997 in quei Paesi che all’epoca non erano membri della Nato”. L’occidente intanto affila i denti, spronato dalle accuse di Kiev, secondo cui la Russia avrebbe incrementato le forniture di armi ed equipaggiamenti ai separatisti filorussi. “Un’aggressione all’Ucraina avrebbe chiare conseguenze” tuona Anthony Blinken. E anche il governo olandese, nelle ultime ore, si è dichiarato aperto a qualsiasi sostegno a Kiev.
La travagliata storia dell’Ucraina
Solo negli ultimi anni la questione russo-ucraina è stata al centro di diversi summit internazionali. Tutto comincia quando, il 24 febbraio 2014, centinaia di separatisti ucraini e filorussi hanno occupato diversi edifici governativi. Pochi giorni dopo, Mosca decise di accogliere la richiesta giunta tramite petizione di un intervento militare in terra ucraina. La Crimea fu annessa ufficialmente alla Russia con un referendum: dalla consultazione emerse come il 95% dei votanti era favorevole a passare sotto il controllo della Federazione. Le Nazioni Unite hanno contestato le azioni russe e la procedura referendaria. Eppure, dopo poco tempo, simili proteste emersero anche nell’area del Donbass – una delle regioni più a est dell’Ucraina – con la fondazione addirittura di due repubbliche indipendenti: il 7 aprile 2014 nacque così la Repubblica Popolare di Doneck, mentre il 12 maggio 2014 fu proclamata la Repubblica Popolare di Lugansk. Entrambe hanno deciso di adottare come lingua ufficiale il russo, così come russa è la loro valuta, il rublo. Attualmente, il 7% del territorio ucraino è sotto il controllo russo.