La parola “kingmaker” significa letteralmente “creatore di re” ma forse è più corretto tradurlo come “incoronatore”. In questa 13esima edizione di Romanzo Quirinale – il più avvincete intreccio delle trame della politica italiana – la grande sfida ruota attorno a chi sarà a vestire, laicamente, il ruolo del papa nella consegna delle regalie.

Romanzo Quirinale, Capito II

Premessa

Di un asse trai due Matteo si parla da tempo. Le prime avvisaglie, secondo alcuni, risalirebbero allo scorso anno quando il segretario della Lega e il leader di Italia Viva avrebbero creato un’intesa contro il nemico comune. L’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, portato poi effettivamente alla disfatta.

Matteo Renzi

La squadra di Matteo Renzi conta 15 senatori e 29 deputati per un totale di 44 delegati. 44 parlamentari che hanno agito sempre scrupolosamente in modo da avvalorare la loro posizione di ago della bilancia. Dai fatti del Papeete, alla crisi del Conte II, fino alle traversie del ddl Zan.

Il Grande Centro

Sono mesi che il senatore di Rignano sta tessendo – senza averne mai fatto segreto – la tela del Grande Centro. Quella che, l’altro partner in crime di questa operazione politica, il presidente della Liguria Giovanni Toti, ha definito “modello Margherita”. Cambiamo, Italia Viva, Coraggio Italia, Idea e Noi di centro i petali.

L’obiettivo: lavorare a una federazione moderata ben radicata in Parlamento (con circa 80 “sentinelle” tra deputati e senatori), che possa avere nel prossimo governo una rappresentanza visibile e importante in grado di affrontare congiuntamente la sfida elettorale del 2023.

L’operazione avrebbe però innescato soprattutto per i renziani una delicata questione di identità dovuta al timore della componente più di sinistra di un’inclinazione della federazione troppo a destra. Nei giorni scorsi non sono mancate voci di un eventuale addio, tra gli altri, dell’ex ministra Teresa Bellanova e del deputato Gennaro Migliore.

Forza Italia Viva

Così come non sono mancate voci e indiscrezioni, nel corso di questi mesi, di una convergenza di azioni e intenti tra Matteo Renzi e Forza Italia. Il viceré di Silvio Berlusconi in Sicilia, Gianfranco Micciché è sempre stato il primo sostenitore dell’approdo di Renzi a destra. E dopo la cena di ottobre, ormai celebre, in una nota enoteca di Firenze, il Presidente dell’Assemblea Regionale dell’isola è tornato alla carica e senza giri di parole ha detto di volere Matteo Renzi all’interno di un centrodestra largo, larghissimo.

Non dimentichiamo poi che lo scorso novembre Marcello Dell’Utri interpellato sull’ipotesi di un contatto telefonico diretto con Matteo Renzi sul tema della corsa di Silvio Berlusconi al Quirinale, tra netta smentita e velata conferma, ha scelto la seconda. “Ho tantissimi amici. Qualche amico vecchio, che mi porto dietro dal passato; e ho molti amici nuovi, che hanno stima di me”.

Ed è qui che viene naturale chiedersi se la “stima tra nuovi amici” non porti magari Matteo-Penelope, la notte, di nascosto, a disfare la tela centrista.

Matteo Salvini

Del cosiddetto “piano B” del centrodestra la stampa parla da tempo. Eppure quando a tirarlo in ballo è stato il leader della Lega Matteo Salvini, il fulmine è risultato comunque accecante.

Il vertice a Villa Grande della scorsa settimana sembrava essersi concluso all’insegna della concordia e della serenità. Silvio Berlusconi il candidato al Colle della coalizione. In allegato, un gentile invito a sciogliere quanto prima la riserva. Un gentile invito che nell’arco di poche ore si è trasformato in una vera e propria deadline.

Il Cavaliere ha tempo fino a domenica per verificare l’esito dell’operazione scoiattolo, la caccia ai 505 voti che gli servirebbero a partire dalla quarta votazione per diventare presidente della Repubblica. Salvini vuole i numeri.

Il punto è che questa corsa per il Colle si intreccia con quella per la leadership della coalizione e in quel “altrimenti la Lega farà una proposta convincente la prossima settimana”, il leader del Carroccio rivendica chiaramente la sua guida all’interno il perimetro del centrodestra. Con le elezioni a breve e con Fratelli d’Italia quasi sempre avanti nei sondaggi, l’ex ministro dell’Interno non può assolutamente perdere o, peggio, essere ininfluente in questa partita.

Essere kingmaker per il numero uno di via Bellerio significa dunque riappropriarsi della possibilità di gestire il piano B in autonomia senza lasciare il pallino nelle mani di Berlusconi. Il che vuol dire tenere aperte più porte per diversi candidati. L’incontro di ieri tra il segretario leghista e Giuseppe Conte, il presidente del Movimento 5 Stelle, ne è una chiara prova.

Il piano di B. per il Quirinale

Mai come in questo momento il centrodestra ha i numeri per poter dare le carte. E, sebbene da fuori in certi casi sembra che la coalizione proceda per confuse improvvisazioni, non bisogna dimenticare che nel Romanzo Quirinale tutto è possibile. Persino che il potenziale incoronato stia in realtà muovendosi come incoronatore. Il piano B in realtà il piano di B. Dove B sta per Berlusconi. Colui che, se non sarà il protagonista di questa pellicola, non lascerà di certo ad altri il ruolo di regista.

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