E’ possibile raccontare il disturbo mentale attraverso il linguaggio del fumetto? A rispondere al meglio è Greta Xella, autrice della graphic novel di esordio “Figlia di Luna” edita da Bao publishing. Tag24.it l’ha intervistata per i suoi lettori.
Bao publishing, “Figlia di Luna” l’intervista a Greta Xella
Ciao Greta, sei al tuo debutto nel fumetto “longform”. Come ti senti?
Molto bene, grazie! Ho da poco ripreso fiato dopo l’esordio a Lucca Comics, dove ho dedicato i libri per i lettori allo stand BAO, è stato molto intenso e rigenerante vedere di nuovo tante persone tutte insieme.
Ho avuto modo di condividere il tavolo con grandi autori e di confrontarmi in maniera diretta con pubblico e colleghi, ricevendo feedback interessanti.
Come nasce l’idea di “Figlia di Luna”?
Dall’esigenza di raccontare, da un punto di vista differente, ciò che significa vivere con una persona con disturbo mentale. Ho utilizzato un’esperienza personale avuta nella preadolescenza cercando di spogliarla da tutte le soggettività, in modo da rendere il racconto accessibile e interpretabile anche da persone con un vissuto che non è il mio, ma che magari hanno avuto o riconoscono situazioni simili.
La tua è un’opera fantasy. Quali sono i tuoi autori di genere preferiti, quelli che ti hanno ispirata?
Sono figlia unica (sotto mia specifica richiesta, a quanto dice mia madre) e questo ha fatto sì che passassi molto tempo da sola. Fortunatamente ero un’avida lettrice di narrativa per ragazzi e mi veniva piuttosto automatico disegnare i personaggi delle storie che leggevo, per fargli fare altre avventure, inventate da me, una volta finito il loro libro. La folgorazione fatale è arrivata con J.K Rowling e Harry Potter, in primis perché discostandosi dal classico fantasy mi ha fatto capire che ci si poteva spingere oltre gli stilemi del cappa e spada, e in secondo luogo perché la creazione di un world building così strutturato lo rendeva plausibile, permettendomi la più totale immedesimazione.
Qual’è stato il tuo percorso personale che ti ha portata a fare fumetti?
Come accennavo, tutto è partito dalle storie che creavo da bambina. Crescendo ho cominciato a essere incuriosita dai volumi Skorpio e Lanciostory che mio padre collezionava in casa, per poi allargare ulteriormente le letture finendo nel mondo sconfinato dei manga. Intorno ai 10 anni avevo deciso che sarei diventata “la più grande mangaka del mondo”. Senza disegnare manga ovviamente…
Che tecniche di disegno utilizzi normalmente? Tutto digitale oppure ogni tanto ti concedi un momento con matite e carta?
Ormai lavoro solo in digitale, per praticità ma anche perché negli anni ho accumulato esperienza, selezionato strumenti e affinato la consapevolezza nel mezzo. Ogni tanto però, soprattutto se lontana da casa, torno a disegnare su carta. Conservo l’abitudine di mettere in valigia un astuccio e una moleskine: anche se magari sono in vacanza e finisco per non usarla, sapere che se ne avessi bisogno potrei “evadere”, tornando nel mio habitat, mi rende tranquilla.