Peste suina, sebbene finora i casi riguardino la specie selvatica, la possibile trasmissione ai suini potrebbe essere un danno inestimabile per il settore. La situazione economica è già preoccupante per l’export. Benché non sia un pericolo per l’uomo il consumo, il tema dell’esportazione tocca direttamente l’economia del Paese. Lo conferma a Radio Cusano Campus Giorgio Apostoli, responsabile zootecnia di Coldiretti:
“Alcuni stati a cui noi portiamo la grande salumeria italiana hanno detto stop ai prodotti che arrivano dall’Italia. Soprattutto in Asia orientale: Cina, Giappone, Taiwan. Noi siamo tra i maggiori esportatori: produciamo circa 9 milioni di suini di cui l’85% nel circuito dei d.o.p. di Parma e San Daniele. L’esportazione ha un valore circa 1miliardo e 700milioni di euro di cui un buon 80% è dei salumi, soprattutto prosciutti crudi. Ma in questi paesi portiamo anche i sottoprodotti della macellazione come la zampetta, il pene, soprattutto in Cina. Ma mai animali vivi. Se da questo divieto venissero fatti salvi i prodotti stagionati e termizzati, come il prosciutto cotto, il danno sarebbe molto più lieve. In questo momento le diplomazie stanno comunicando.”
Cos’è la peste suina
Come riporta il “manuale operativo pesti suine” del Ministero della Salute, la Peste Suina Africana (PSA) è una malattia infettiva altamente contagiosa tra i suidi sia domestici che selvatici di qualsiasi età e sesso. Causata da un virus appartenente al genere Asfivirus è in grado di causare elevata mortalità. Tra gli oltre venti genotipi conosciuti del virus, solo due sono presenti fuori dal continente africano: il genotipo I è limitato alla Sardegna mentre il genotipo II è il responsabile del fenomeno epidemico iniziato nel 2007 in Georgia e poi diffuso nell’est Europa, in Germania, in Belgio ed ora in Italia. Come spiega ai microfoni di Radio Cusano Campus il prof Giuseppe Pulina, docente di zootecnica speciale all’Università di Sassari. “E’ importante sottolineare che la peste suina non si trasmette assolutamente all’uomo. Né per vicinanza né attraverso il consumo di carni eventualmente infettate. E ’una malattia virale, contagiosa che attacca il suino domestico e il suino selvatico, il cinghiale. E può portarli alla morte. Per questa malattia non esiste presidio vaccinale.”
I controlli dagli allevamenti al piatto
La peste suina africana si è espansa a partire dal 2007. Dalle regioni sub caucasiche si è spostato verso nord prendendo tutto l’est europeo. Poi Polonia, Germania e Belgio. È scoppiata in maniera dirompente anche in Cina dove sono stati soppressi centinaia di milioni di capi di suini per poterla circoscrivere. La malattia colpisce pesantemente il sistema della produzione suina ma – ribadisce con insistenza il prof. Pulina – non è pericoloso per l’uomo”. Tra l’altro non c’è nessun rischio che un suino domestico ammalato, a nessun titolo, possa entrare nella catena alimentare. La sorveglianza attiva e passiva parte dagli allevamenti. Lo conferma l’esperto: “I controlli del nostro sistema sanitario sono strettissimi per il suino domestico, che, qualora infetto, non finirà mai nel nostro piatto.”
Anche per la cacciagione il ministero impone una severa sorveglianza. Una volta cacciati i suini selvatici devono essere consegnati agli istituti zooprofilattici che provvedono immediatamente a verificare se la carne può essere utilizzata o meno.