Dopo mesi di silenzio, complice anche il ban social che lo ha colpito, Donald Trump è tornato a parlare. Con i suoi toni, sempre pacati, il tycoon newyorkese ha scelto il palco di Florence, in Arizona, per tornare ad aizzare la folla dei suoi sostenitori e ribadire le tesi centrali nella sua visione storica.
Trump, la corsa per il 2024 riparte da dove l’avevamo lasciato
Al grido di “Save America”, Trump riparte dal suo marchio di fabbrica: dalla sua ricostruzione della realtà. Ne ha per tutti, nemici vecchi e nuovi. A cominciare da chi ora siede nello studio ovale dopo di lui. “Sapevamo che Joe Biden sarebbe stato buono, ma pochi si immaginavano che sarebbe stato un tale disastro. Ha umiliato il Paese sul palcoscenico internazionale”, ma anche un “non sa neanche dove si trovi” fra i tanti affondi. La speaker democratica Nancy Pelosi? “Matta e corrotta”. Sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2020, ovviamente, “reazione alle elezioni rubate”, mantra inossidabile: “Tutti parlano di quelli che sono entrati nell’edificio, – tuona il magnate dal palco di Florence – ma nessuno della più grande protesta che si sia mai vista nella storia. La gente era andata a Washington per rivendicare i suoi diritti”.
E poi, l’immancabile attacco alla scienza, nella persona di Anthony Fauci: “Dava consigli anche a me, ma io lo ignoravo. Ora sembra il re di questo Paese”. La colpa del tandem Biden-Fauci poi è quella di aver “trasformato gli Stati Uniti nel Venezuela” viste le chiusure ed il lockdown contro il coronavirus. Altra perla immancabile “noi ci riprenderemo la nostra libertà e il nostro Paese”. La corsa alla Casa Bianca di Trump è già ripartita, con The Donald che prova a ruggire come una vecchia muscle car tirata a lucido.
L’ostacolo verso Washington ha un nome
E proviene anche dal suo stesso partito repubblicano, di cui lui vuole essere unica voce e leader: si chiama Ron DeSantis (con trisavoli emigrati da Castelfranci, in provincia di Avellino), governatore in carica della Florida, Stato particolarmente importante tanto per Trump (la sua prestigiosa villa di Mar-a-lago) quanto per lo stesso GOP (Great Old Party, il partito repubblicano, ndr) che da Miami e dintorni accinge voti e grandi elettori. Uno Stato governato proprio da Ronald Dion DeSantis, 44enne natio di Jacksonville e 46° governatore della Florida dal gennaio 2019. Trumpiano convinto, DeSantis potrebbe essere il tipico caso dell’allievo che supera il maestro, con buona pace dei membri più estremisti dell’alt-right statunitense.
La sfida dentro i Repubblicani
Secondo un finanziatore repubblicano intervistato dal New York Times, DeSantis è un “Trump un po’ più intelligente, più disciplinato e brusco senza esserlo troppo”, e “sarebbe un formidabile candidato per il 2024 nel solco di Trump, se lo stesso non dovesse candidarsi”. Lo scontro è anche generazionale, con un rampante politico che rifiuta di inginocchiarsi davanti al vecchio leone. E che in futuro, un domani molto vicino, potrebbe addirittura togliere dalla luce dei riflettori quel Trump che ha scommesso su di lui: e questo ha indisposto profondamente l’ex presidente, che ora potrebbe ritrovarsi letteralmente il rivale in casa. La sfida è quindi tutta incentrata verso il secondo mandato: da una parte il governatore alla ricerca della riconferma alla guida del suo Stato, dall’altra lo stesso governatore e un presidente che puntano alla guida di tutti gli Stati Uniti.