Bollettino o non bollettino? Quarta dose o non quarta dose? Questi i dilemmi della nuova ondata della pandemia da Covid-19. Mentre la variante Omicron corre – portando a oltre due milioni gli attualmente positivi – politici e scienziati si interrogano, e si dividono, sull’opportunità di cambiare approccio nella lotta contro il Sars-Cov-2.

Il bollettino

Ma andiamo per gradi. Al banco degli imputati è chiamato il bollettino giornaliero con tutti i dati sul coronavirus. Quello dapprima diramato dalla Protezione Civile con fiumi di dirette e da sempre assoluto protagonista delle edizioni serali dei telegiornali e dell’homepage dei siti di agenzia. Tacciato da molti come “bollettino di guerra”, sono due anni che aleggia il dubbio su quanto sia utile parlare ogni sera di migliaia di casi a fronte di milioni di tamponi per un numero di vittime sempre troppo alto.

Ora la questione è diversa. La richiesta partita dai governatori, ma anche da membri del governo e scienziati, di operare una revisione dei criteri e della cadenza con i quali vengono comunicati i dati sul coronavirus, potrebbe trovare sponda nell’esecutivo. Il ministro della Salute Roberto Speranza apre infatti ad un dialogo con le Regioni, in particolare lasciando aperto uno spiraglio per la riconsiderazione del sistema dei colori e delle fasce di rischio.

La quarta dose

Poi c’è la questione quarta dose. Israele, Danimarca, Ungheria e Cile sono già all’opera. Germania, Francia e Regno Unito sono da mesi in fase di preparazione. Ma ecco che arriva il monito dell’Ema. “Non possiamo continuare con booster ogni 3-4 mesi” avverte Marco Cavaleri, capo della strategia vaccinale dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Come si concilia questo con lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui dopo sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale l’efficacia nel prevenire qualsiasi diagnosi, sintomatiche e non, scende dal 72% al 40%?

Ecco un altro dilemma.