La diplomazia della Santa Sede non è un tema qualunque, di quelli da prendere a cuor leggero. La diplomazia del Papa è la più antica al mondo ed è legata fin dai tempi della chiesa primitiva, quella apostolica, la Chiesa che, con la morte dell’ultimo Apostolo, inizia a darsi una configurazione ed un’organizzazione precisa. Ed iniziano i primi Concili e Sinodi, al fine di risolvere problemi di natura prevalentemente dottrinale. Sono assemblee che vengono celebrate in luoghi lontani, non sempre vicini a Roma, tant’è vero che non solo il Romano Pontefice, ma anche i singoli Arcivescovi e Vescovi decidono di inviare dei rappresentanti, i Legati: a volte sono delle coppie o delle terne di persone, come, ad esempio, un Vescovo, un presbitero ed un diacono. Quindi, con l’andar del tempo, la Chiesa stessa inizia ad ingrandirsi in termini patrimoniali: la ricchezza della Chiesa inizia ad avere una certa consistenza e Roma, dal canto suo, opta per la nomina di soggetti che gestiscano ed amministrino il patrimonio; sono i rectores patrimonii et defensores. Altra figura di un certo peso e rilievo è quella dell’apocrisario, l’inviato di fiducia che interviene in determinati luoghi di missione, cerca di portare un determinato messaggio, e, infine, riferisce al suo mandante romano. La vera e propria svolta, però, si ha nel XVI secolo, quando l’Europa, costellata di stati e staterelli, al pari della penisola italiana abbozza una sorta di corpo diplomatico: è il periodo in cui sorgono gli Stati Nazionali. Ogni sovrano desidera avere un proprio rappresentante presso gli altri Stati e viceversa: lo stesso fa la Chiesa di Roma, in cui il Romano Pontefice è a capo dello Stato Pontificio.
La Pontificia Accademia Ecclesiastica.
I primi scambi di rappresentanti diplomatici avvengono tra il Papa ed il Doge di Venezia: di lì a poco i rappresentanti, antesignani degli attuali ambasciatori, si stabilizzano e si moltiplicano. Il Papa, tra i vari rappresentanti alle sue dipendenze, dispone dei nunzi apostolici; il termine nunzio apostolico è quello di un soggetto che porta un messaggio ovvero un annuncio per conto dell’Apostolo Pietro ossia il suo successore. Infittendosi i membri del corpo diplomatico, si avverte anche la necessità di formare i futuri ambasciatori del Papa: risale al 1701, infatti, la nascita della Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici, per volontà dell’Abate Garagni, che, sia pur tra alterne vicende, e mutando il nome nell’attuale Pontificia Accademia Ecclesiastica, accoglie sacerdoti da ogni parte del mondo per avviarli al loro futuro servizio diplomatico.
L’identikit del rappresentante della Santa Sede.
Inutile dire che i diplomatici della Santa Sede presentano un quid ulteriore rispetto ai diplomatici civili: il rappresentante pontificio è, anzitutto, un pastore, e, come tale, annuncia il Vangelo e svolge attività pastorale nei vari luoghi di missione in cui si trova a vivere e ad operare; in secondo luogo, rispetto agli altri membri del Corpo Diplomatico, il rappresentante del Papa vanta un numero indefinito di informatori e di fonti presso Diocesi, Parrocchie, religiose e religiosi, semplici fedeli, che gli consentono di avere un quadro completo che, invece, il diplomatico civile, per sua stessa natura, non può avere. Il vecchio Codice di Diritto Canonico del 1917 sintetizzava così i compiti del rappresentante del Papa: amministrare, advigilare, informare. Oltre a questi, va sottolineata l’attività preparatoria che il Nunzio Apostolico svolge nella preparazione dei dossiers relativi alla nomina dei Vescovi. Magna Charta della diplomazia, concluso il Concilio Ecumenico Vaticano II, è la Sollicitudo Omnium Ecclesiarum, motu proprio di Paolo VI con cui viene fornito l’identikit del rappresentante della Santa Sede. Tale documento, promulgato il 24 Giugno 1969, insistendo sul concetto di pastoralità, si pone quale base dell’attuale Codice di Diritto Canonico del 1983. In buona sostanza, il rappresentante del Papa è colui che, vivendo appieno il ministero sacerdotale, si occupa della manutenzione dei ponti che partono da Roma, cuore della cristianità, e raggiungono ogni angolo del mondo. Il fatto che dai 43 rappresentanti pontifici del 1950 si sia arrivati agli oltre 180 dei giorni nostri indica che la diplomazia della Santa Sede svolge indubbiamente un servizio speciale che si esprime nel promuovere la pace, il dialogo interreligioso, il progresso e lo sviluppo dei popoli. Così è spiegato il diritto nativo ed indipendente della Chiesa di nominare e di inviare rappresentanti in ogni zona della Terra, presso Organismi sovranazionali e, se richiesto, a fungere da arbitri neutri ed imparziali in situazioni di scontro e di grave disagio attraverso mediazioni.
Matteo Cantori, docente di Storia dei Rapporti tra Stato Chiesa e Santa Sede e cooperazione presso l’Università Niccolò Cusano