Sono e saranno mesi difficili per il settore turistico e alberghiero. La pandemia, nonostante il passare del tempo, continua a mettere in ginocchio le principali attività della filiera nazionale. A lanciare l’allarme è Confcommercio, che traccia un bilancio del 2021 in proiezione a ciò che accadrà in futuro. L’ultimo anno, spiega Confcommercio, si è chiuso con una crescita del Pil del 6,2% e dei consumi del 5,1% ma è allarme, appunto, per i settori del turismo e della ristorazione. Quello che doveva essere un anno di ripresa, dunque, comincia in salita per settori falcidiati interamente dal coronavirus.
Per un ritorno totale ai livelli precedenti al lockdown si dovrà aspettare ancora un anno. Attesa, quindi, fino al 2023. La preoccupazione di Confcommercio cresce, in particolare, per alcuni settori, a cominciare dalla filiera turistica e dall’area della cultura e del tempo libero, che – numeri alla mano – non hanno mai partecipato pienamente a questa ripresa e che sono ancora molto distanti dai livelli del 2019. Ristorazione e alberghi, infatti, registrano una perdita di consumi, rispettivamente, del 27,3% e di quasi il 35%. I servizi culturali e ricreativi del 21,5%. E ci sono anche altri comparti con cali a doppia cifra, come i trasporti (-16%) e l’abbigliamento e le calzature (-10,5%).
L’analisi di Confcommercio: “attendere per ripresa robusta”
Secondo Confcommercio, “per una ripresa più robusta bisognerà, dunque, attendere condizioni macroeconomiche più favorevoli. L’Ufficio studi spiega che “l’eccesso di risparmio forzoso e precauzionale accumulato negli ultimi due anni difficilmente troverà sbocchi favorevoli in condizioni di nuova incertezza pandemica e inflazionistica”. Affiancata a una ripresa del prodotto interno lordo viaggia, in modo parallelo, la difficile quadra nella quale stanno vivendo il settore turistico e alberghiero. Insomma, è presto per parlare di ripresa, soprattutto in un’epoca storica in cui prudenza, più che mai, diventa la parola principale.