Dopo undici giorni, tre udienze e due ricorsi si chiude l’affaire Novak Djokovic. La Corte federale australiana ha respinto il ricorso dei legali del tennista serbo che ha quindi lasciato il paese dove non potrà più rientrare per i prossimi tre anni, se non per motivi impellenti.
Novak Djokovic vs Australia
I tre giudici che all’alba italiana si sono pronunciati hanno deciso che la permanenza del numero uno del mondo in Australia avrebbe costituito un pericolo pubblico in virtù delle sue posizioni no Vax. Era, questa motivazione, una delle tre a cui era ricorso il 14 gennaio il ministro per l’Immigrazione Hawke ribaltando così la sentenza del giudice Kelly di Melbourne cui i legali del serbo si erano rivolti quando al loro assistito era stato revocato il visto al suo arrivo nel paese. Il vizio di procedura che ne aveva sancito allora l’assoluzione (il visto revocato alle 7:42 del mattino da un ufficiale che aveva concesso a Djokovic la sospensione del colloquio fino alle 8:30, in attesa di ricevere ulteriore documentazione) aveva però di fatto solo rimandato una decisione, che impugnata nuovamente dal governo australiano, verificasse dal punto di vista legale se ci fossero gli estremi per la permanenza o meno di Djokovic in Australia.
Sull’insussistenza di questo pericolo si è fondata la difesa di Nick Wood che riteneva l’esclusione del serbo dagli Australian Open fonte di maggiori “pericoli” rispetto alla sua regolare partecipazione. Inoltre, nella tesi difesa si sottolineava come Djokovic non avesse mai apertamente dichiarato il suo sostegno ad alcun gruppo no Vax, né avesse mai reso esplicita la sua posizione circa i vaccini e la campagna vaccinale.
Per James Allsop, Anthony Besanko e David O’Callaghan – i tre giudici della Corte federale – le politiche a contrasto del Covid-19 adottate dall’Australia in questi due anni (tra le più rigide con oltre 260 giorni di lockdown) sono state responsabili di uno dei tassi di mortalità più bassi registrati nel mondo e che con i suoi comportamenti – il non essersi ancora vaccinato, l’aver organizzato un torneo nel giugno 2020 a Belgrado rivelatosi poi un cluster, e ultimo il mancato isolamento del 18 dicembre scorso quando da positivo concesse un’intervista a L’Equipe – sono sufficienti per comprendere quali siano le sue opinioni al riguardo.
Novak Djokovic vs ATP
In questi undici giorni il circuito ATP ha emesso due comunicati nei quali oltre a rammaricarsi per il corto circuito giudiziario cui si stava assistendo (e di cui diremo poi), esortava chi ancora non fosse vaccinato a farlo in fretta o a completare il ciclo, annunciando inoltre l’arrivo di misure sempre più stringenti in materia di viaggi e partecipazione ai tornei presenti in calendario per la stagione al via.
Non sono mancate però reazioni meno equilibrate tra i colleghi dello stesso Djokovic. Rafa Nadal, impegnato nel torneo di Sydney, fu il primo al momento della revoca del visto del serbo a dichiarare che “dal mio punto di vista, posso soltanto dire che credo in ciò che dicono le persone che conoscono la medicina e se queste persone dicono che dobbiamo vaccinarci, è necessario che ci vacciniamo. Ci sono passato, col Covid. Mi sono vaccinato due volte. Se lo fai, non hai problemi a giocare qui. Questa è l’unica cosa certa. Per il resto, non voglio esprimere opinioni senza avere tutte le informazioni”. Gli eventi dei giorni successivi con l’appello vinto dal serbo, non hanno impedito al maiorchino di aggiornare prima le sue riflessioni (“Adesso è giusto che giochi”), fino ad arrivare alla conclusione odierna con cui rimarca come “nessun giocatore è più grande dell’evento. Saranno grandi Australian Open anche senza di lui”.
Più netto il giudizio espresso da Stefanos Tsitsipas, che ospite del canale World Is One News non ha usato invece molti giri di parole: “Le statistiche dicono che il 98% dei giocatori è vaccinato ed è quello che bisogna fare per giocare in Australia, seguire il protocollo rigorosamente. Dall’altro lato direi che c’è qualcuno che ha fatto di testa propria, seguendo le proprie regole e ha fatto sentire la maggioranza come degli stupidi…”.
#Exclusive | “Djokovic has been playing by his own rules and has risked missing out in the Australian open” says World No. 4 @steftsitsipas (Stefanos Tsitsipas) to WION’s @DiggySinghDeo, as they talk about the controversy surrounding Novak Djokovic.@redbull @redbullindia pic.twitter.com/wH6M52hVY6
— WION (@WIONews) January 13, 2022
Australia vs Tennis Australia
Il serbo però non è l’unico responsabile di questa vicenda. Il Ceo di Tennis Australia, Craig Tiley, che a novembre aveva annunciato un AO aperto ai soli giocatori vaccinati, aveva infine ammesso Djokovic al torneo grazie a un’esenzione lui concessa per aver contratto il Covid a dicembre, e quindi entro i sei mesi necessari per potersi presentare al via privi di copertura vaccinale dimenticandosi come tale esenzione avrebbe poi potuto essere subordinata dalle vigenti politiche di frontiera australiane, in questo caso lex superior a quella dello stato di Vittoria sede del torneo e a quella interna degli AO. Se la prima sentenza (locale) si era fondata su un vizio di forma, la decisione (governativa) del ministro Hawke è stata invece discrezionale ed esercitata sulla base di un diritto che viene lui costituzionalmente concesso e che i tre giudici della Corte federale, verificatene le ragioni, hanno oggi deciso di sostenere mettendo la parola fine a una controversia durata troppo a lungo. E che non sembra destinata a chiudersi in tempi brevi.