Dopo un annuncio chilometrico, nel quale il “cellulare per riprese audiovisive” veniva scomposto in più parti, le luci dell’Auditorium Conciliazione – non quello “Parco della musica”, a Roma, per intenderci – si spengono. Tutti sono mascherati, nessuno escluso. Davanti a me un mito, per tenere bene i laccetti, adotta con stile e sagacia un Monkey D. Rufy per collegare le estremità della sua FFP2. Questo, a luci spente, è lo scenario che si profila davanti ai miei occhi in principio de “Valerio Lundini – il mansplaining spiegato a mia figlia”. Surreale, tra il serio e il faceto, la satira della quotidianità.
Valerio Lundini la cavalca subito, con un motivetto iniziale in cui ribadisce più volte che sta per cominciare il suo show. Il suo show, senza nessun altro. Talmente tanto suo a tal punto che sul palco passerà soltanto una persona, ancora ignota, per consegnarli un bigliettino, ancora ignoto. Bene, comincia il suo show. Il suo, ribadisce ancora. Ma ne ha preparati tanti altri, di suoi. E ce lo mostra con le locandine dei prossimi spettacoli che ha preparato da qui alla, speriamo lontana, sua morte. Recital, con l’indice appoggiato sulla tempia che regge da solo l’intero peso del suo cranio. Poi una mano, in stile più attoriale. Poi tante mani, un rapimento, e altre mani. Insomma, tutto è meravigliosamente surreale.
Poi, tra i suoi spettacoli, non può mancare un omaggio a Napoli, città che, a detta di Lundini, “è poco celebrata dai suoi cittadini, che ne parlano in modo quasi umile”. Sì, lo so che tutti questi finti spettacoli non li vedremo mai, ma un po’ ci spero ancora. Si parte in medias res tuttavia, con un uomo vestito da investigatore che poi, per nessun motivo, si scopre essere un podologo. Coat marrone chiaro, sigaretta, centro di Manhattan, cappello e sguardo basso, atteggiamento misterioso. Invece no, è un podologo. Giù a ridere dopo appena cinque minuti. Lundini, con una sola parola, ha conquistato la platea. Da lì sarà tutto in discesa.
Valerio Lundini, la satira della satira
Inutile dirvi altri sketch, altrimenti sarei tacciato di spoiler a manetta. Si vuole dire, semplicemente, qual è il segreto del successo di Valerio Lundini. Non tanto il “no sense”, per il quale vado matto, ma la serietà del “no sense”. Mai una sbavatura, mai un coinvolgimento emotivo con il pubblico, mai una risata insieme al pubblico. Il distacco totale che Lundini ha verso la platea, la sua alienazione spontanea da chi lo guarda, lo colloca in una bolla visibile. Un po’ come se, quatti quatti, scorgessimo dalla finestra un vicino fare cose assurde come mangiare gli spaghetti con le mani, saltare la corda inciampando o ballare sulle note di “Dirty Dancing”. Rideremo, certo, ma senza farci sgamare.
Inoltre, seppur sia una tecnica narrativa nota, Lundini stupisce per il suo costante satirizzare la satira. “Satira della satira”, hanno detto due miei amici all’uscita. Hanno ragione, perché Valerio Lundini prende il luogo comune e lo prende a calcio con serietà, demitizzandolo. Livelli altissimi quando, anticipando le critiche, scimmiotta la ragazzotta neofita dell’esistenza che, a luci spente, l’avrebbe accusato di essere “troppo cringe”. Il gioco sugli hater, sul quale pesa un giudizio parossistico, è uno dei punti più alti. Insomma, lo show di Valerio Lundini – il suo show, sia chiaro – lascia tutti con una consapevolezza: ci vuole serietà per saper far ridere. Lui sa scrivere i suoi sketch e, a modo suo, arriva. Poi, può piacere o meno, ma incide.
Al termine dello spettacolo, dopo i saluti che si urlando con un “Restate a casa”, colpo del ko finale, scorgo Carmelo Avanzato, bassista dei “Vazzanikki”. Per i negletti, è la band composta da Valerio Lundini, Flavio de Novellis alla chitarra, Gianluca Sassaroli alla batteria, Olimpio Riccardi al sassofono e, appunto, Carmelo Avanzato. Lo scorgo, gli chiedo una foto. Sembra quasi sorpreso, ma si mostra da subito disponibile e felice.
In un clima così basta un panino e una birra per chiudere la serata. Null’altro. Insomma, il teatro mancava e con Valerio Lundini si è tornati in grande stile. Bello “il suo show” all’Auditorium Conciliazione anche se, a lui, auguro di andare presto “a quell’altro” auditorium. Quello in cui, ieri sera, molti sono finiti per sbaglio e io, sinceramente, non li compatisco. Lo dice Lundini, eh. Io ripeto e basta.