A quindici giorni dalla denuncia della mancanza di medici non obiettori in Molise che pratichino l’IVG, la situazione non sembra cambiata. Ad oggi, le cittadine molisane devono cambiare non solo città, ma addirittura Regione, per poter praticare l’interruzione volontaria di gravidanza.

Interruzione Volontaria di Gravidanza: un diritto violato

“Un diritto violato, una legge non rispettata!”. Questo gridano a gran voce molte donne e associazioni dinanzi a questa realtà. Giulia Crivellini, promotrice della campagna ‘Libera di abortire’ e tesoriera dei Radicali italiani spiega a Tag24, come alla luce della situazione allarmante sia nato il desiderio di lottare “affinché ogni persona in Italia sia davvero libera di accedere pienamente al suo diritto di scelta, perché sia davvero Libera di Abortire”.

Perché parlare ancora nel 2022 di una legge contro l’aborto?

La campagna ‘Libera di abortire’ nasce a maggio 2021, in occasione del 43esimo anno di vita della legge 194 con lo scopo di denunciare una realtà intrinseca di ostacoli e impedimenti. Secondo Giulia Crivellini, “ad oggi migliaia di donne non riescono ad accedere liberamente all’interruzione volontaria di gravidanza, a causa di una moltitudine di problemi. La legge 194 è stata una conquista fondamentale: ha depenalizzato l’aborto, che era previsto come un reato, ed è stata una grande vittoria anche dal punto di vista del movimento femminista. Eppure, alcune lacune ancora ci sono. Ancora oggi, molte delle sue norme più importanti vengono violate e molte delle sue disposizioni sono culturalmente e giuridicamente un problema per le donne”.

I principali ostacoli alla legge 194

Gli ostacoli della legge n. 194 del 1978 sono diversi. “In primis, la norma non parla di diritto ma di eccezione alla maternità, venendo consentita solo in alcuni casi. Per questa ragione, molte donne chiedono che oggi, nel 2022, l’interruzione volontaria di gravidanza venga riconosciuta come un vero e proprio diritto”.

Secondo Crivellini, altro punto esemplificativo del problema è riconducibile alla c.d. ‘settimana di riflessione’. “Oggi una donna che si trova a scegliere di interrompere una gravidanza per motivi personali, per legge viene obbligata dal medico curante a soprassedere per 7 giorni. Solo al termine di questi giorni, se la donna è ancora convinta, potrà accedere al servizio. L’avanzare dei giorni, però, in molti casi, può essere rischioso per la stessa salute della donna e per questo motivo la norma dovrebbe essere sottoposta a revisione”.

Obiezione di coscienza. Quando una scelta limita una libertà altrui

Un ulteriore problema evidente della norma è quello relativo alla disapplicazione quotidiana dell’articolo 9 della legge 194. Esso prevede che gli enti ospedalieri debbano controllare e garantire l’attuazione dell’IVG anche attraverso la mobilitazione del personale. Ogni struttura, a prescindere da quanti medici obiettori ha, deve quindi assicurare il servizio. “Questa disposizione alla luce dei dati, non è messa in pratica e un esempio esplicativo è certamente quello del Molise. Il fatto che sia presente un solo medico non obiettore in tutte le strutture sanitarie presenti nella Regione non garantisce l’IVG, e vìola esplicitamente quanto scritto nella legge. Anche la Sicilia ha dei numeri record in questo senso: l’80% dei medici è obiettore di coscienza”.

C’è la reale libertà di abortire in Italia?

In generale, in Italia non è facile per una donna scegliere liberamente di abortire. I dati del Ministero (aggiornati al 2019) mostrano come a ha presentato obiezione di coscienza il 67,0% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37,6% del personale non medico. Valori in leggera diminuzione rispetto a quelli riportati per il 2018 e che presentano ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie. “In Italia è certamente possibile abortire ma, su 10 professionisti a cui una donna si rivolge solo 3 le consentiranno di accedere ad un servizio sanitario essenziale”.

Soluzioni per affrontare un ‘vuoto legislativo’

La campagna ‘Libera di abortire’ ha iniziato la sua lotta contro questo ostacolo sanitario con l’incentivazione di concorsi ad hoc, per il personale medico non obiettore. Questa iniziativa, come sottolinea Giulia Crivellini, non è stata sufficiente e lo si è visto con la realtà molisana. “È importante che il Ministero della Salute e il Ministero dell’Istruzione partecipino al processo di informazione, attraverso corsi di aggiornamento e formazione obbligatoria. Questo percorso deve partire sin dal momento della specializzazione. È un cammino a ritroso che permetterebbe di attenuare il trend negativo”.

Meccanismi per premiare le Regioni lodevoli

“Un’altra proposta, laddove il concorso sia inefficiente come soluzione, è quella di introdurre dei meccanismi sanzionatori (o viceversa di promozione), per gli enti territoriali che rispettino i dettami della legge 194”. Ogni anno, il Ministero della Salute stila una classifica delle Regioni sulla base di quanto ciascuna area, riesca effettivamente a garantire i livelli di sanità essenziali sul proprio territorio. Da qui seguono finanziamenti o la possibilità di commissariare la Regione in alcuni ambiti. Tra i punti analizzati dal Ministero c’è anche quello relativo all’IVG. “L’aborto è considerato una prestazione medica essenziale ma oggigiorno questa voce non viene valorizzata nello stilare il punteggio finale. Dal nostro punto di vista, questo parametro dovrebbe rientrarvi con grande forza. Se tale parametro venisse preso in considerazione nel caso molisano, il Governo a questo punto dovrebbe sostituirsi alla Regione nelle scelte decisionali e strutturali in modo da garantire un servizio essenziale del SSN”.

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