Come una clessidra smossa, il day after del lancio ufficiale della corsa di Silvio Berlusconi al Quirinale, la direzione del PD è più che necessaria per analizzare i sedimenti. Convocata già da tempo, posticipata poi di un paio di giorni, Enrico Letta e i Dem, fra direzione e gruppi parlamentari, si sono finalmente incontrati. La sfida ora per il centrosinistra è trovare la strategia giusta per controbattere efficacemente al centrodestra. E la sfida parte dalla nuova sala David Sassoli del Nazareno.
Enrico Letta propone un patto di legislatura fino al 2023
La certezza, che oramai sembra comune fra tutte le forze politiche, è quella che Mario Draghi non si tocca. L’inquilino di Palazzo Chigi, nonostante diverse fonti raccontino le sue ambizioni verso il Quirinale, dovrà “limitarsi” alla carica di presidente del Consiglio: per Enrico Letta infatti “la buona politica passa dalla responsabilità, proteggendo la figura di Mario Draghi. Non vorrei che alla fine ci giocassimo la carta fondamentale che ha ridato all’Italia credibilità: salvaguardare la sua figura è fondamentale”. Per questo dal Nazareno arriva la proposta di un accordo per arrivare a fine legislatura e portare al 2023 l’attuale Parlamento. Tre i punti fondamentali, espressi dai Dem: “L’elezione di un o di una presidente della Repubblica istituzionale, super partes, di garanzia per tutti; la scelta di impegnarsi perché i prossimi 14 mesi di governo diano risposte efficaci, in continuità, ma con rinnovata energia ai problemi dei cittadini; completare le riforme per la buona politica”. Anche perché la convinzione del PD è che il Paese non possa permettersi il lusso di tornare alle urne, chiedendo politicamente “a ognuno di uscire dai propri fortilizi, dai propri fortini che porta alla condanna definitiva degli italiani nei confronti della politica”.
Berlusconi candidato del centrodestra mossa che ha “stupito e deluso profondamente”
E a proposito di fortini, il quadrato del centrodestra creato intorno a Silvio Berlusconi ha “stupito e deluso profondamente” il PD: secondo il segretario questa scelta “ha reso l’elezione del Capo dello Stato una notizia che va al di là della dimensione domestica”, anzi facendo tornare l’occhio del mondo sul nostro Paese. Ovviamente in accezione più che negativa.
Dalla direzione PD strategie ma nessun nome: “Farli significa bruciarli”
Cosa fare il 24 gennaio, giorno in cui si terrà la prima votazione per la nomina del Capo dello Stato? Letta è chiaro: tutto sarà frutto del dialogo fra gli alleati politici, 5 Stelle e LeU in testa: “Se si dovesse andare alle prime tre votazioni senza accordo – chiosa Enrico Letta – dobbiamo scegliere se andare lì votando scheda bianca con gli alleati o invece se decideremo tutti insieme di convergere su un nome. E poi dovremo decidere come comportarci se il centrodestra andrà avanti”. Insomma, campo più largo possibile, come confermato anche dalla nota Dem emanata alla fine della riunione, in cui si affida al segretario “il mandato, unitamente alle Presidenti dei Gruppi parlamentari di Camera e Senato, di seguire le trattative per l’elezione del Presidente della Repubblica”.
Le altre reazioni alla Direzione del PD
Pesantissimo l’affondo di Gianni Cuperlo contro Silvio Berlusconi, la cui presenza politica “ha inquinato per un quarto di secolo la democrazia, la sua candidatura è una provocazione sul piano politico e un’ipotesi inverosimile per il decoro repubblicano”. Secondo Cuperlo poi non è accettabile né possibile “portare al Quirinale chi ha definito i magistrati un cancro del Paese, l’uomo del conflitto di interessi, della compravendita dei parlamentari, delle collusioni con la mafia”. Propone un ultimatum alle altre forze politiche: “Se questa operazione dovesse concretizzarsi, un minuto dopo non ci sarebbe più il governo”. Per Goffredo Bettini invece Mario Draghi va blindato come presidente del Consiglio per arrivare a fine legislatura: “L’emergenza – spiega Bettini- non è finita, continua sia sul piano economico, sia della pandemia, sia dell’attuazione del Pnrr. Bisogna dunque proseguire con il presidente del Consiglio attuale, anche per portare a termine le riforme istituzionali e della legge elettorale”. Non dello stesso parere il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che non disdegna “la promozione” di Mario Draghi a Capo dello Stato: “Egoisticamente, da presidente di Regione, direi teniamo Draghi a Chigi fino a fine legislatura, ma è sbagliato toglierlo oggi dalla candidatura al Quirinale, perché bisogna mettere in campo tutto quel che serve per unire. Poi è giusto che un governo vada avanti fino al 2023”.
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È difficile immaginare che il desiderio di Silvio Berlusconi di salire al Quirinale come Presidente della Repubblica, possa svanire nel nulla per qualche incertezza sul numero di votanti parlamentari a lui favorevoli. Ognuno al suo posto, per quanto dicano quelli a lui vicino, farebbero altrettanto con un’occasione ghiotta ed irripetibile del centro destra compatto a lui favorevole. E sarebbe in ogni caso non una candidatura super partess, ma di parte.
Gli altri PD, LEU e M5S si può ritenere si rendano conto che un conto è ciò che si ripete all’infinito circa una scelta condivisa da tutti ed un altro è ciò che non si dice ma che bolle in pentola. E ci saranno i voti del gruppo misto come ago della bilancia, con l’incognita di Italia Viva che grazie al segreto dell’urna potrà far riemergere quell’anima di sinistra dei membri, meno presente nel loro leader e quindi senza i suoi condizionamenti.
Anche l’incontro tra Letta, Conte è Speranza, sebbene nulla sia trapelato e tutto rimanga sospeso, neanche fosse una riunione dei servizi segreti, lascia presagire abbia come contenuto una contromossa dal significato “politico” non partitico, bensì inerente alcuni valori etici e di civiltà. Quali ad esempio il riscatto ampiamente meritato di una donna giusta e sopra le parti, un ministro tecnico, ingiustamente perseguitata nello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, proprio dal Centro Destra. E sto parlando del Ministro dell’Iterno Luciana Lamorgese, di cui Vittorio Sgarbi, di cui tutto si può dire, tranne che sia di sinistra, ha detto: “Lamorgese è un capro espiatorio della cacciata di Salvini dal ministero dell’Interno”. Claudio Maffei