Antonio Sbardella 20 anni dopo

Il 14 gennaio 2002 se ne andò uno dei più grandi Arbitri Internazionali e Dirigenti Sportivi del nostro Calcio, stimatissimo anche all’estero

 

Antonio Sbardella 20 anni dopo

Vent’anni senza Antonio Sbardella. Nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2002, l’ex arbitro internazionale è andato avanti, come si dice tra i Granatieri di Sardegna.
Chiuse il ciclo vitale al Fatebenefratelli. Ci fu uno spontaneo pellegrinaggio all’ospedale dell’Isola Tiberina. Tanti amici che Antonio ha saputo frequentare, con affetto e stima reciproca.

La gente semplice del Calcio, che volle tributare un deferente omaggio e l’onore meritato dall’uomo, prima che dal grande fischietto e dal popolare dirigente che è stato.
Sembrava un Capo di Stato, quando l’uomo comune dello Sport decise di stringersi, con una moltitudine, al feretro e alla famiglia.
Antonio Sbardella nacque a Palestrina il 17 ottobre del 1925 e da giovane giocò in porta con la Spes Artiglio. Subendo un infortunio che lo portò a fare il corso per arbitri. Ci è arrivato tardi, nel mondo dei fischietti.  Ma riuscì ad arbitrare al Campionato del Mondo in Messico, 1970, culmine di una brillante carriera.

Antonio Sbardella da Arbitro
Nel 1966-67 il Premio Mauro che Antonio Sbardella vinse quale migliore arbitro in attività. Al termine del cammino da arbitro avrà diretto 167 partite in serie A e 70 incontri internazionali. Dopo 20 anni termina il cammino con il fischietto e inizia quella da dirigente.
Ha impiegato otto anni per arrivare alla Serie B con Novara-Brescia, e nel 1959 inizia in serie A un’ascesa di ben 11 anni, con Fiorentina-Atalanta. Una salita che termina allo stadio Azteca con Germania-Uruguay vinta dai tedeschi 1-0. Sfida che 40 anni dopo si ripeterà in Sudafrica con la stessa nazionale vincitrice (4-2).

Antonio Sbardella architetto della prima, grande Lazio
Dopo la strada con il fischietto e il taccuino, Antonio Sbardella passò alla Lazio, che costruì sotto la gestione di Umberto Lenzini già dal 1972-1973. Mettendo uno di fianco all’altro quelle splendide e grezze tessere di mosaico. Che, al secondo tentativo, arrivarono con Tommaso Maestrelli al primo scudetto biancoceleste.
Da dirigente bianco-celeste Sbardella fu portato da Lenzini alla Lazio il 27 maggio 1971, dopo la retrocessione, e portò Maestrelli a ricostruire quella Lazio.
Se da arbitro l’esperienza lo portò ad essere più elastico pur con fatica, utilizzando poche ammonizioni e provvedimenti sommari, da direttore sportivo fece deferire Chinaglia, quando questi chiese di essere ceduto. Ebbe ragione anche quella volta.

Con Lenzini ci furono scontri di carattere perché Sbardella rimproverava al Sor Umberto di essere permissivo. E a Terni, nel 1971, voleva far deferire tutta la squadra che non intendeva partecipare al ritiro in assenza dei premi per la qualificazione ottenuta in Coppa Italia.
Di lì in poi avrebbe costruito una Lazio coesa come poche, nella sua storia. Fatta di talenti difficilmente riscontrabili, in altre situazioni e altri periodi, come Re Cecconi, D’Amico, l’irrequieto Chinaglia, il portiere Pulici, Garlaschelli e tutti quelli che giunsero allo scudetto del 1974.

La Roma provò a prenderlo ma…

C’era, poi, quella voce per cui la Roma di Anzalone l’avesse contattato, che non andò giù a Lenzini, e lui si dimise. Ma dall’altra parte del Tevere durò solo 24 ore: era troppo….laziale!
Un grande aneddoto, facendo dei passi indietro, riguarda la sua permanenza in terra messicana (1970). Ce lo ha raccontato il telecronista RAI che ha avuto la fortuna di urlare tre volte “Campioni del Mondo!” al Bernabeu nel 1982.

Nel piovoso pomeriggio del 16 gennaio 2002 alla chiesa romana di Nostra Signora di Guadalupe, all’uscita un commosso e composto Nando Martellini raccontò in diretta su Radio Spazio Aperto di….“Quei due giovani scavezzacolli capaci di trascorrere lunghi periodi a Natale a Roma come in ferie, l’estate, a Palestrina, paese natio di Antonio”.
L’episodio che il celebre telecronista romano evidenziò è presto raccontato. “Semifinale con la Germania Ovest. Al gol di Rivera, per dirvi dello spessore di Antonio e l’attaccamento alla Nazionale, lasciò l’aplomb che deve avere un arbitro”. Il racconto va nel dettaglio più bello: “Al gol del 4-3, esultò con me, abbracciandomi, ben consapevole che, in quel momento, svanisse il sogno più grande di un arbitro. Quello di dirigere la finale di un Campionato del Mondo”.

Nel mondo degli arbitri Antonio Sbardella c’è stato dal 1978 al 1983 come responsabile regionale, poi diresse la Divisione Calcio a 5 dal 1989 al 1992. Anno in cui diventa presidente regionale della F.I.G.C. con il nascituro campionato di Eccellenza, iniziato qualche mese prima (1991).

Fu eletto per tre mandati. Il primo dal 1992 al 1996, il secondo fino al 2000. Il terzo non lo sarebbe riuscito a portare a termine, per un male inguaribile.
E’ stato assistito fino alla fine dal Professor Francesco Bracci. Come riportò il Corriere dello Sport il giorno del funerale fino alle 13 della domenica che fu di fatto il suo ultimo giorno, aveva la radiolina sul comodino. Si era organizzato per ascoltare le radiocronache delle squadre del “suo Calcio”. Dimostrando una passione sconfinata, inarginabile dal dolore e dalla consapevolezza di essere sul punto di andarsene.
La notizia arrivò alle 5.20 del mattino, quando arrivò la telefonata di Sergio Pirozzi, uno dei tanti che a Sbardella deve dire grazie per la saggezza e i suggerimenti datigli da amico e concittadino, per tre mesi, della sua Amatrice. Antonio Sbardella si fece cremare e i suoi resti riposano nel cimitero di Preta.

Sono in tanti ancora oggi a dovergli dire grazie.
Di certo il Calcio regionale del Lazio, con lui e i suoi collaboratori, ha avuto una migliore organizzazione.

Antonio Sbardella 20 anni dopo. Siamo ancora qui, a ripensare, alla sua spiccata e proficua lungimiranza. Altri, di quella grandezza? E’ complicato, trovarne.

 

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