BardemBlanco è il nome di un’azienda spagnola che produce bilance ma è anche il nome del suo proprietario, Julio Blanco (Javier Bardem), da sempre a capo della baracca ereditata dal padre. Carismatico, ammaliatore, è un bravo boss, o almeno così gli piace pensare. I suoi dipendenti sono come dei figli e i loro problemi sono anche i suoi. Come un bravo genitore, infatti, non manca di intromettersi nelle vite dei vari sottoposti per sbrigarne le faccende più personali, che smettono di esserlo quando compromettono i suoi affari. Tanto più se a ridosso dell’assegnazione di un prestigioso e ambito premio all’eccellenza aziendale.

A separarlo dalla meta – la visita della commissione giudicante – c’è una sola settimana. Una settimana da incubo, in cui tutto sembra venire giù a valanga. Tra capi della produzione con matrimoni in pezzi, pericolose avventure con le stagiste, sit-in di licenziati in protesta e l’antica pesa artigianale piazzata all’ingresso che di stare in equilibrio proprio non vuole saperne, il signor Blanco è disposto a tutto pur di tirare acqua al suo mulino, anche a truccarla la bilancia.

Carte in regola per gli Oscar

Commedia nera sui rapporti di lavoro, cinica satira aziendale, Il capo perfetto diretto da Fernando Leon de Aranoa e nominato a ben 20 premi Goya – record assoluto – è in pole position nella corsa all’Oscar per il miglior film internazionale. Con una scrittura tagliente, una sceneggiatura ben scansionata e suddivisa nell’arco dei 7 giorni che ci separano dal premio, un Bardem eccezionale ad una delle sue più grandi prove attoriali – meritevole di sorreggere il film – è un titolo di forte impegno politico: la critica sociale è tutt’altro che velata, lo humor (un po’ francese), in fondo, moralizzante. Ma il gran finale a sorpresa tutto perdona, furbescamente legato al concetto di equilibrio. Il vero fil rouge del film, nonché qualità paradossalmente sconosciuta al nostro Blanco. 

Javier Bardem è in stato di grazia

Il folgorante protagonista di Bardem, astuto quanto bravo a incassare i colpi e a mandare giù i bocconi più amari, è consapevole fino a prova contraria di avere sempre il coltello dalla parte del manico, e la banconota in tasca. A Bilance Blanco tutto ha un prezzo, che sia morale, etico, o semplicemente pecuniario. E tutti sono sul mercato. “Il capo perfetto” sa conquistare chiunque gli graviti attorno per renderlo funzionale agli interessi dell’azienda, perfettamente sovrapponibile alla sua persona. 

In definitiva, El buon patron (il titolo originale), caustico interprete dello spirito del tempo – come solo le migliori commedie sanno fare, viene in mente tra tutti Il medico della mutua – tra una risata e l’altra sbugiarda magistralmente chi spaccia l’egoismo per generosità, la prepotenza per empatia.