In attesa dell’udienza che si terrà nelle prossime ore il Governo Australiano ha deciso di sospendere l’espulsione dal Paese di Novak Djokovic. A riferirlo sono stati i legali dell’atleta che avevano presentato ricorso. Nuovo colpo di scena quindi nella vicenda riguardante il tennista serbo che vorrebbe ancora giocare gli Australian Open.
Udienza Djokovic, nuovo colpo di scena
Il ministro dell’Immigrazione Alex Hawke aveva cancellato il visto del 34enne tennista serbo, che a questo punto potrebbe lasciare il paese a pochi giorni dall’inizio degli Australian Open, in programma da lunedì 17 gennaio a Melbourne. I legali di Djokovic si erano detti pronti a impugnare la decisione e così hanno fatto. Se Djokovic non dovesse vincere nella prossima udienza potrebbe essere bandito dall’Australia per tre anni. Il ministro Hawke aveva, così, impugnato la precedente sentenza del Tribunale che su disposizione del giudice Anthony Kelly aveva a sua volta ribaltato la decisione del Governo australiano di cancellare il visto. E’ programmata per le 20:45 australiane un’udienza presso la Corte federale per esaminare il nuovo ricorso di Novak Djokovic contro il ritiro del visto australiano. A presiedere di nuovo il giudice Anthony Kelly.
Udienza Djokovic, le motivazioni della decisione
Il Governo australiano aveva annullato il visto di Novak Djokovic per la seconda volta nelle scorse ore salvo poi fare marcia indietro. “Ho esercitato il mio potere di annullare il visto che Novak Djokovic aveva ottenuto per motivi di salute ritenendo che non fosse nell’interesse del pubblico“, aveva detto Hawke in una nota, aggiungendo che ”il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere i confini dell’Australia, in particolare in relazione alla pandemia di Covid-19”. Djokovic dovrà presentarsi per un colloquio con i funzionari dell’immigrazione nella giornata di sabato 15 gennaio.
La figura dell’intransigente Alex Hawke, il ministro dell’Immigrazione
Il ministro dell’Immigrazione australiano, Alex Hawke appartiene all’ala più conservatrice del Partito Liberale. Hawke è un australiano di terza generazione, i nonni fuggirono dalla Grecia durante la Seconda guerra mondiale. Il nonno materno ha combattuto contro i nazisti a Chortiatis, il villaggio della sua famiglia, sulle montagne di Salonicco. È il nipote di un sopravvissuto a un massacro: le truppe tedesche bruciarono 300 case e giustiziarono 146 tra soldati e civili greci. Molti di loro erano bambini. Era il settembre del 1944. La famiglia di Hawke emigrò in Australia in barca. Nonostante la sua storia familiare – scrive il quotidiano spagnolo El Mundo, che gli dedica un ritratto – con due nonni costretti a fuggire dalla guerra nel suo Paese, Hawke non ha fatto nulla per cambiare la rigida politica di immigrazione nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo, che dal 2013 sono stati trasferiti nei campi di piccole isole del Pacifico, o rinchiusi per anni nei centri di detenzione.
La vicenda
Novak Djokovic la scorsa settimana è arrivato in Australia con un visto giudicato non regolare durante i controlli all’aeroporto di Melbourne. Il tennista ha esibito un’esenzione dal vaccino ottenuta dopo la guarigione dal Covid, contratto a dicembre. La documentazione è stata giudicata insufficiente. Il tennista, confinato al Park Hotel di Melbourne, in tribunale ha ottenuto un’ingiunzione dalla corte federale che lo ha autorizzato a rimanere in Australia. “Una decisione irragionevole”. Così il giudice si Anthony Kelly si era espresso il 10 gennaio consentendo al tennista serbo di restare sul suolo australiano e abbandonare l’albergo dove soggiornava dal 6 gennaio. La decisione del ministro Hawke, però, rischia di portare all’espulsione dell’atleta.
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