Il ruolo che riveste la formazione scolastica nello sviluppo della società è da tutti riconosciuto, come pure che il livello di istruzione di un popolo sia un attestato fondamentale del suo grado di sviluppo. I due più importanti parametri di valutazione del livello di istruzione sono insieme quantitativi e qualitativi: la percentuale della popolazione scolarizzata ed il livello di formazione scolastica.

Il livello di istruzione indice di sviluppo sociale

L’evoluzione di questi due parametri, da sola, permette di rilevare le trasformazioni di una società, anche se il livello di acculturazione di una gruppo umano si valuta in modo più ampio, ad esempio tenendo conto del maggiore o minore coinvolgimento in quella che si definisce “formazione permanente”, formula con la quale si ricomprendono attività diverse: dai corsi di aggiornamento alla lettura di libri, riviste o quotidiani, dalla frequentazione di mostre, teatri e concerti allo studio di lingue straniere o al turismo colto. Va pure considerata la visione di programmi televisivi e film di informazione/formazione, tutte attività che permettono di approfondire e sviluppare le proprie conoscenze.

Il Sommario di statistiche storiche 1861-2010 curato dall’ISTAT attesta che nel 1951 gli iscritti alle università italiane erano 142.722 (su una popolazione di 47.515.537 ab.), mentre nel 1975 erano diventati 736.213, più o meno cinque volte tanto, con una popolazione di circa 55 milioni di italiani. Sempre secondo il Sommario di statistiche storiche 1861-2010 dell’ISTAT, bisognerà aspettare l’anno 1978/9 perché l’università raggiunga il milione di iscritti, su circa 56 milioni di cittadini. Tali iscritti in trent’anni diventeranno 1.777.000, con un incremento di quasi l’80%, su una popolazione che nel 2008 sarà di poco più di sessanta milioni. In poco meno di sessanta anni la percentuale degli studenti universitari passerà dallo 0,3 % al 2,9% della popolazione.

Il dato importante non è solo quello della crescita in percentuale della popolazione universitaria negli ultimi 50 anni, a partire da quello che fu definito negli anni ’60 il “boom economico”, ma pure quello della velocità in cui questa crescita si è svolta, che riflette l’altrettanto rapido sviluppo dell’economia italiana, stabilendo un nesso di interdipendenza fra i due fattori: tanto più cresce lo sviluppo economico di una nazione, tanto più cresce il livello di istruzione e la domanda di cultura della popolazione e viceversa.

Altri indici dello sviluppo sociale di un popolo

Se mi sembra incontrovertibile che sviluppo sociale di un popolo e livello di sviluppo culturale siano interdipendenti, due facce di una stessa medaglia, occorre considerare quali sono gli altri indici fondamentali dello sviluppo e del “benessere” di un popolo.

Per semplificare una classificazione che non appare scontata, potremmo dire che un indice significativo dello sviluppo di un popolo sia la qualità, lo stile di vita che mediamente raggiunge. Non è un parametro nuovo, né originale; già Pericle nel celebre discorso riportato da Tucidide ( La guerra del Peloponneso, XXXIV-XLV) fa discendere la potenza ed il primato di Atene e della democrazia dal “modo di vivere” degli Ateniesi. Quest’ultimo è caratterizzato dall’ “amore del bello”, che si manifesta tanto nella sfera privata, ad esempio con la scelta di “bei mobili” nelle case, che nell’architettura della città; dalla ricerca del sapere privo però da forme di autocompiacimento (“senza debolezza”) e dalla ricchezza, essenzialmente “per le possibilità di agire” che essa offre. Pericle rivendica come uno dei segni dell’eccellenza del “modo di vivere” ateniese la presenza di “giochi e feste tutto l’anno”, cioè di una serie di eventi di natura religiosa, sportiva e culturale come la rappresentazione di tragedie e di commedie, di autori come Eschilo, Euripide, Sofocle, Frinico, Aristofane ecc., opere che sono considerate fra le più alte espressioni della civiltà europea. È stato notato da più parti che il modello di vita a cui si riferisce Pericle è quello tipico dell’aristocrazia, che però è fatto proprio dall’intera comunità. Un modello che contempla la “vita comoda”, il primato della bellezza e del sapere, un benessere che si traduce in una vita piacevole anche nelle abitudini quotidiane (“nella nostra città arrivano ogni genere di prodotti”) e nella possibilità di sviluppare un’ “indipendente personalità”, cioè di perseguire le proprie scelte di vita. Si sarà notato che lo Statista ateniese pone la ricchezza al terzo posto dopo l’ amore per il bello e la ricerca del sapere.

Gli indici contemporanei per valutare il livello di sviluppo e di benessere di un popolo riprendono l’idea che la “felicità” o il livello di civiltà di un popolo non si misurano esclusivamente attraverso le “cifre” del reddito medio e del prodotto interno. La maggiore o minore diffusione di pratiche come il turismo nei luoghi dell’arte e della storia, la lettura di testi di formazione e informazione, la partecipazione a eventi come mostre, concerti e spettacoli teatrali, la lettura di quotidiani, o comunque l’aggiornamento permanente sulle vicende interne ed internazionali, sono tutti indici di sviluppo, partecipazione e di vita attiva e cosciente.

Senza formazione culturale non c’è qualità della vita

Tutti i parametri di sviluppo sociale appena ricordati rinviano in modo più o meno diretto alla formazione culturale delle persone, per un banale motivo: l’uomo oltre ad avere una corporeità con le sue caratteristiche, i suoi bisogni ed i suoi limiti, è essenzialmente un soggetto culturale, a partire dal linguaggio che meglio di altri fattori ne rappresenta l’identità e che è un prodotto del tutto culturale e storico.

Se, ad esempio, mi reco a Bangkok o ad Atene per motivi di turismo, ma non conosco nulla della storia e dell’arte di queste due città e civiltà, il Partenone e il tempio di Wat Pho mi appariranno solo come edifici più o meno suggestivi, diversi per le architetture, i materiali e i colori, ma dei quali non capirò un granché. Così, se ascolterò una sinfonia di Mozart senza avere alcuna formazione musicale e conoscenze sul compositore, non sarò in grado di apprezzarne appieno la natura e la stessa cosa accadrebbe se ammirassi un quadro di Leonardo o di Raffaello senza conoscere un minimo l’autore, il soggetto dipinto, le tecniche adottate e via dicendo. In altri termini, poiché le manifestazioni dell’uomo ed i beni da lui creati e dei quali può godere sono tutti o in gran parte prodotti della sua storia, della tecnica, dell’arte, ecc., cioè sono prodotti culturali, non è possibile goderne se si è privi di cultura e di un’adeguata formazione. Un individuo con una bassa formazione culturale potrà “avere” molte cose, beni materiali e potere ad esempio, ma non potrà avere un alto stile di vita, perché tra l’altro gli sarà preclusa la bellezza, quella che Pericle mette al primo posto tra le caratteristiche dello stile di vita ateniese.

Qualità della vita, progresso sociale e insegnamento telematico

Se il progresso sociale è testimoniato dalla qualità della vita di un popolo e se quest’ultima è determinata dal livello e dall’estensione della formazione scolastica e lato sensu culturale, appare evidente quanto sia importante incrementare il numero delle persone con una solida formazione scolastica ed accrescere il livello medio della stessa, cioè di quanti hanno una formazione universitaria e specialistica.

In Italia la percentuale dei laureati è tra le più basse del contesto europeo. Gli ostacoli che si frappongono ad una crescita delle persone con una formazione universitaria di base o specialistica sono di varia natura, ma essenzialmente legati a motivi economici ed alla rigidità del sistema universitario tradizionale, che presenta allo studente una formula rigida a cui lo stesso studente deve conformarsi. Ad esempio, l’iscritto può seguire una lezione solo se un certo giorno e ad una certa ora si reca in un determinato luogo fisico. La lezione è un unicum: non viene registrata e non viene messa a disposizione degli studenti. Una volta persa è irrecuperabile. Frequentare queste università significa recarsi quasi quotidianamente nelle sedi e, di fatto, risiedere nella città dell’Ateneo di appartenenza. Non tutti possono sostenere queste spese e le persone che hanno impegni lavorativi, familiari o di altra natura non possono frequentare assiduamente i corsi universitari.

Questi tipi di ostacoli sono in gran parte rimossi da quello che definirei “insegnamento in presenza comunicativa e con distanza fisica fra docente e studenti”, cioè attraverso la didattica e l’apprendimento che si svolgono con modalità telematiche. Gli stessi docenti possono fare gli stessi corsi agli stessi studenti, ma con modalità telematica, cioè avendo la possibilità di raggiungere effettivamente tutti gli studenti iscritti. Attraverso la didattica telematica, però, si possono coinvolgere in un paese come l’Italia anche diverse centinaia di migliaia di persone che vorrebbero frequentare un corso universitario, ma che per motivi logistici, di rigidità e di costi non possono farlo.

La diffusione di questa modalità di insegnamento allargherebbe nei prossimi anni in modo significativo la percentuale delle persone con una formazione universitaria e di conseguenza la crescita culturale e complessiva della società.

Enrico Ferri, professore di Filosofia del Diritto all’Unicusano     www.ferrisstudies.com

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