Quando tre delle quattro partite destinate al rinvio erano ormai state già archiviate, con la solita prassi pro forma già nota a tutti, la Lega Serie A ha deciso infine di far sentire la sua voce con un comunicato diramato al termine di un Consiglio straordinario convocato per il giorno dell’Epifania.
La decisione, affidata poi alle parole del Presidente Dal Pino, è quella di proseguire con il campionato. La condizione è che le squadre riescano a mettere in campo almeno tredici giocatori, tra le rose di prima squadra e primavera, nati a partire dal 2003. La ragione: cercare di uniformare le decisioni delle venti ASL territoriali che in quattro casi avevano imposto lo stop a trasferte o trasferimenti di squadre al cui interno si erano registrati casi di positività, impugnando di fatto una decisionalità altrimenti destinata a criteri e discrezionalità altrui.
Lega Serie A, tra azzardo e utopia
Ora, pensare di uniformare i comportamenti di venti autorità locali alle prese con altrettanti quadri epidemiologici è come chiedere al croupier di servire sempre la carta che più si desidera: un miraggio. L’azzardo, quello vero, la Lega Serie A l’aveva cavalcato per più di un anno dimenticando di aggiornare un protocollo ormai obsoleto sia in punta di diritto (il caso di Juventus-Napoli dell’ottobre 2020 rigiocata poi ad aprile 2021 è lì a fare giurisprudenza) che in fatto di aderenza alla realtà (oggi il quadro, le nozioni e le soluzioni che disponiamo in materia di Covid sono superiori rispetto a quelle di due anni fa).
Affidarsi al caso e pensare di gestirlo è un comportamento che sembra addirsi più a spericolati broker che a manager dal cui operato dipende una delle 4-5 aziende che generano più introiti nel Paese. Cavarsela nascondendo la testa sotto la sabbia, mentre tutti i campionati europei stanno vivendo la stessa situazione, è comportamento miope oltreché privo della responsabilità necessaria che occorrerebbe per gestire un momento così delicato che già tanti lutti addusse all’Italia e al sistema calcio. E affidarsi alla politica, al governo, e a un Cdm che a Natale prima e pochi giorni fa in seconda battuta ha riscritto i criteri di quarantena imponendo anche l’obbligo vaccinale per alcune categorie di persone, suona come il bussare alla porta altrui quando si è rimasti sprovvisti di qualcosa e si è in cerca di un favore.
Più che il tempo è mancata la volontà
A nulla è valso l’allarme fatto scattare dalla Asl di Salerno che in chiusura di 2021 impose il blocco alla trasferta dei granata per Udine. Tempo allora ce n’era: per riscrivere un protocollo e rimodularlo in alcuni punti; per decidere di fermarsi tutti per due settimane e trovare poi le finestre per giocare in condizioni più agevoli; per arginare in prima battuta ciò che a breve inevitabilmente si sarebbe trasformato in valanga che tutto avrebbe travolto. C’era anche l’Europa là fuori, e gli altri campionati a cui guardare, tutti alle prese con lo stesso problema e tutti al lavoro – non senza perplessità – per trovare la soluzione migliore.
Invece si è preferito il silenzio, il voler far finta di nulla, l’imposizione di giocare a qualsiasi costo altrimenti la Lega “avrebbe deliberato di conseguenza”. Come se trovarsi nelle condizioni di non poter giocare fosse una colpa, senza far nulla per poterlo permettere, privi della volontà di provarci e con lei di voler guardare un po’ più in là del proprio giardino di casa. Il futuro è domani. Per costruirlo non serve una visione, basta incrociare le dita.