Il marchio Ferrari ha sempre rappresentato un simbolo d’eccellenza partendo dalla massima espressione delle quattro ruote, la F1, fino ad arrivare alle strade di tutto il mondo. Tecnica e innovazione sono le due parole chiave che rappresentano oltre che il marchio stesso anche tutte le persone che lavorano all’universo a Ferrari.

Abbiamo intervistato proprio uno di loro. L’ingegnere Enzo Varini ha lavorato per più di 40 anni in una delle fabbriche Ferrari, ha vissuto in prima persona tutto il percorso della Rossa e ce lo ha raccontato partendo proprio da quel marchio che compre nel 2022 74 anni di storia.

Intervista all’ingegnere Enzo Varini:

Lei ha un’esperienza professionale di primo piano, tutta svolta nel Reparto Qualità della Ferrari. Cosa ci può dire di un marchio che ha fatto la storia a livello sportivo e stradale?

Il marchio del Cavallino Rampante è riuscito a fare la storia principalmente con l’intuizione del suo fondatore, la Ferrari è sempre stato come vivere un sogno, è bello sognare e non costa nulla. Naturalmente c’è chi poi riesce anche a realizzarli i sogni ma questa è tutta un’altra storia che dura ormai da 74 anni.

Se ci può riassumere in breve i punti salienti di un percorso di un marchio come Ferrari nei suoi 40 anni di esperienza.

Vivere l’intera esperienza lavorativa all’interno di un’azienda come la Ferrari tante volte viene facile. Per quello che mi riguarda posso dire che sono entrato non ancora maggiorenne, nel 1980, con Enzo Ferrari che amava passeggiare all’interno dell’officina. Per ogni nuovo modello ci sono dei flash della mia vita personale ed eventi sociali che li contraddistinguono. Bisognerebbe riavvolgere il nastro per riviverli a pieno tutti quanti. Ce n’è uno in particolare, quando Enzo Ferrari lasciò la vita terrena, lo fece in maniera “sottile” quasi in modo impensabile per un grande lottatore come lui, con un carattere del tutto particolare.

Se ci può raccontare quello che ha rappresentato Enzo Ferrari, l’uomo burbero ma anche gentile con i suoi dipendenti, considerati suoi collaboratori.

Sicuramente Enzo Ferrari aveva un carattere tutto suo e per quello che ha fatto non poteva essere altrimenti, però è innegabile il rispetto che aveva verso i suoi dipendenti, senza mai chiamarli tali o operai ma “i miei collaboratori” dando il senso di una grande famiglia

C’è qualche aneddoto particolare che ha piacere di raccontarci?

Beh l’aneddoto che più mi sta a cuore e mi piace ricordare è quando Enzo Ferrari festeggiò il suo 90° compleanno, il 18 febbraio 1988. Lo ricordo come fosse ieri era un giovedì, tutti quanti staccammo dal lavoro poi andammo ad un grande ed immenso pranzo con lui. Il dettaglio è che volle accanto a sé tutti i suoi quasi 1800 dipendenti, di quel periodo. L’unica regola era rappresentata da un servizio d’ordine particolare, ovvero che non vi fosse nessun estraneo e che non ci fossero foto e video dell’evento così che rimanesse solo ed esclusivamente nei ricordi dei suoi uomini. Questo era Enzo Ferrari

Quali sono state secondo lei le altre personalità più importanti che hanno caratterizzato un marchio storico come Ferrari?

È difficile dire o stilare una classifica delle personalità più importanti, ognuno con il suo ruolo dall’amministratore delegato agli oltre tremila dipendenti, ad oggi sono stati e sono importanti in un grande gioco di squadra chiamato Ferrari.

Il ruolo di Montezemolo anche nella filosofia espressa da Enzo Ferrari

Montezemolo fra tutti forse come stile fu quello che più di tutti assomigliava ad Enzo Ferrari. Già da giovanissimo, infatti, fece parte della famiglia Ferrari nel team di formula 1 già dalla fine degli anni settanta con Niki Lauda e Clay Regazzoni

Passando al reparto corse lei ha conosciuto piloti del calibro di Schumacher, Barrichello e molti altri…

Partendo da Schumacher, era il fuoriclasse che non lasciava nulla al caso, tanto che fino a quando i test per la messa a punto erano possibili sulla pista di Fiorano, di proprietà Ferrari, scendeva alle prime luci dell’alba fino a notte fonda.

Un aneddoto invece per Barrichello, all’interno della scuderia i secondi piloti erano sempre i più coccolati non avendo la stessa ribalta e i riflettori puntati che accompagnavano il primo pilota del team.