Bukayo Saka ha gli occhi che gli tremano. Davanti ha Gigio Donnarumma, portiere che non sa che a breve sta per diventare il miglior giocatore dell’Europeo. Entrambi, l’uno davanti all’altro, non sanno che tra qualche secondo l’Italia vincerà e gli italiani saranno campioni d’Europa. Stop. Fermiamoci un attimo. Prima di capire cosa accadrà a Bukayo Saka e Gigio Donnarumma nell’ultimo atto di un lunghissimo Europeo è necessario tracciare un percorso. Comincia un lungo cammino, che parte ancor prima di questo giugno caldo e che ci porta poi a percorrere la più bella tappa sportiva di questo 2021 a tinte azzurre.
L’Italia del pallone deve risorgere dalle macerie di una cocente eliminazione dai Mondiali di Russia 2018. Nella cornice di un San Siro in lacrime ci sono i gialli della Svezia che brindano a una competizione mondiale dopo aver sbattuto fuori chi quella coppa l’ha alzata al cielo per ben quattro volte. Dentro di noi, per tanti anni, abbiamo provato uno stato di perdizione sportiva, un misto tra rancore, rabbia e dispiacere represso. Poi è arrivato lui, Roberto Mancini. Nella vita di ognuno di noi serve qualcuno che, a un certo punto, comincia a prenderti a schiaffi per dirti di reagire. Lui, il Mancio, insieme a Gianluca Vialli, ci ha preso per mano e ci ha portato in giro per l’Europa.
Il 2020 doveva essere il nostro anno, ma la pandemia ha fermato tutto. Poco importa, il destino ha soltanto pensato “Ok, mi riposo per un anno, tanto loro non mi scappano”. Passano mesi, arriva il 2021 che sta per salutarci. Nessuno, il primo gennaio di quest’anno, si sarebbe immaginato che avremmo camminato a testa alta in giro per il mondo, da campioni d’Europa, dopo che avevamo tenuto quella testa bassa, col capo chino, per non essere andati ai Mondiali. Ma il 2021, per forza di cose, doveva essere il nostro anno e così è stato. Sorteggio agevole, visto che tre gare erano in casa. Lo stadio Olimpico stava per vivere le sue notti magiche.
Il girone dei campioni d’Europa
Davanti al nostro cammino la Turchia, la Svizzera e il Galles. Un girone all’apparenza semplice, abbordabile per i nostri colori. Alla fine l’apparenza è svanita e l’armata azzurra ha fatto il suo dovere, facendo man bassa dei suoi avversari. Dopo il canto di Andrea Bocelli e le luci a illuminare il campo di Roma è arrivato il nostro momento, istante in cui non potevamo disunirci, per citare un recente film. Dopo un primo tempo a reti bianche contro la Turchia Domenico Berardi entra in area, la mette in mezzo e costringe Merih Demiral a commettere un autogol, il primo di quello che sarà ricordato come l’Europeo delle autoreti. Chiuderanno i conti Ciro Immobile, ingiustamente criticato a lungo per la scarsa vena realizzativa in Nazionale, e un mini “tiroaggiro” di Lorenzo Insigne, preludio di un gol che sarà leggenda sportiva.
MVP di Italia – Turchia Mr Andrea Bocelli. Voce meravigliosa, outfit strepitoso con richiami poco velati alla nostra amata #Inter Apoteosi finale se al posto di SIIII avesse gridato AMALA. pic.twitter.com/KUUgFKmBMQ
— The Dude “Viky Rourke” una notte al gabbio (@vicyago66) June 12, 2021
Si va avanti con tre punti e nessun gol subito, con tre gol fatti, dunque. Dopodiché ci sarà la Svizzera, occasione d’oro per chiudere subito il girone verso gli ottavi. Sono ancora lontani gli spettri di Jorginho che manda alto il rigore decisivo contro gli elvetici costringendoci a un logorante spareggio nei play off per andare in Qatar nel 2022. Sperando che l’anno che verrà sia prolifico, ricordiamoci che in quel frangente Manuel Locatelli realizzò un’inaspettata doppietta, mentre la rete del tre a zero alla squadra che allora era di Vladimir Petkovic lo realizzò Ciro Immobile, in quello stadio Olimpico che da sempre è la sua casa. Parliamo sempre del miglior cannoniere della storia della Lazio.
Con questi tre gol l’Italia ottiene altri tre punti e si qualifica alla fase successiva. Eppure quel Mancio non è sereno, dato che le vuole vincere tutte. Contro il Galles, nell’ultimo atto del girone, sarà uno spot per il tifo – tifoserie mischiate sugli spalti – e per Matteo Pessina, il ragazzo d’oro che ci tornerà utile più avanti. Uno a zero e tutti a casa. Nove punti nel girone, sette gol fatti, nessun gol subito e primato indiscusso. Ora, davanti ai nostri occhi, c’è un tabellone insidioso, mentre dall’altra parte la situazione sembra più abbordabile. Una sensazione di deja vu vissuta con Antonio Conte, ma stavolta la sorte l’aveva pensata in maniera diversa.
Austria e Belgio, due facce diverse di una dolce medaglia
Se qualcuno ci avesse detto che avremmo sofferto di più con l‘Austria piuttosto che col Belgio probabilmente, anzi, sicuramente gli avremmo riso in faccia. Eppure per un’Italia che si snatura e comincia a fare gioco è stato più difficile affrontare gli austriaci, abituati da sempre al gioco granitico e sporco, quello che a noi tanto piace ma che, almeno per questo Europeo, abbiam deciso di accantonare (l’eccezione c’è, e di quella diremo poi). La paura sale quando Marko Arnautovic, attuale punta del Bologna, buca Gigio Donnarumma con un colpo di testa che bacia la traversa e finisce oltre la linea. Il suo gesto di “stare zitti” gli si ritorcerà contro. Fuorigioco dell’attaccante, si rimane sullo zero a zero.
La gara, nervosa e stanca, si trascina ai supplementari. Sarà la prima di tre logoranti attese in attesa di un triplice fischio e di un esito positivo della contesa. L’Italia, quasi senza forze, riesce a raccogliere quelle poche che le restano nei suoi giovani e in Leonardo Spinazzola, a mani basse l’uomo copertina dell’Europeo, nel bene e nel male. Il terzino della Roma è uno stantuffo e con i suoi piedi serve Federico Chiesa. Stop di destro, rientra sul sinistro e poi non resta altro che urlare. Scivola vicino alla bandierina di Wembley, allargando le braccia. Lo farà di nuovo qualche giorno dopo, nella stessa porta e con la stessa bandierina, ma lui ancora non lo sa.
“Forza Italia”:
Perché la Nazionale ha battuto 2-1 l’Austria ai tempi supplementari grazie ai gol di Chiesa e Pessina e si è qualificata ai quarti di finale di #EURO2020 pic.twitter.com/mPRzdsl91N— Perché è in tendenza? (@perchetendenza) June 26, 2021
Poi arriva Matteo Pessina, il ragazzo d’oro, che approfitta di un assist di Francesco Acerbi – insolitamente al centro dell’area – e batte Daniel Bachmann per la seconda volta. L’esultanza resterà negli annali, con l’incredulo centrocampista dell’Atalanta che si spiattella sul prato verde del nuovo Wembley. Unico modo per reagire all’incredibile, non c’è altro da dire. La rete di Sasa Kalajdzic, la prima subita nell’Europeo, serve solo a far tremare le nostre coronarie. Il tempo passa, lento e inesorabile, ma alla fine vinciamo noi. Ora, davanti ai nostri occhi, ci sono i quarti di finale e lo spauracchio del Belgio, all’ultima chiamata per la storia.
Ribadiamolo: nessuno avrebbe immaginato di soffrire di più con l’Austria che col Belgio, ma di fatto così è stato. Siamo diventati campioni d’Europa anche limitando i difetti, tanti, della generazione d’oro di Bruxelles. Dovevamo limitare Romelu Lukaku e ci siamo riusciti, dovevamo entrare tra le linee e l’abbiamo fatto. Da lì è stato facile. Niccolò Barella dribbla tutti e ci porta avanti, con Ciro Immobile ancora a terra. La rete del 2-0, invece, è da antologia. Nei giorni degli Europei andava di moda tra gli italiani parlare di “tiraggir”, tipica tecnica di calcio di Lorenzo Insigne. Piatto destro e tiro a giro – appunto – sul secondo palo. Quando l’ha fatto è esploso tutto. Anche lui, negli occhi, era incredulo. Italia avanti 2-0.
La rete di Romelu Lukaku non ci spaventa. In cuor nostro sapevamo che sarebbe finita così. Ci siamo preoccupati mlto di più quando abbiamo visto Leonardo Spinazzola in lacrime per l’ennesimo infortunio della sua carriera. Il grande difetto di questo ragazzo, tanto forte quanto fragile. Esce in lacrime, ma resta nel gruppo. Ecco, la nostra forza è stata questa, un uomo che, zoppicante, decide di restare al fianco dei suoi compagni d’avventura. Alla fine, con le stampelle, prenderà la medaglia d’oro, ma lui ancora non lo sa. Andiamo in semifinale. Davanti a noi le Furie Rosse.
La semifinale con la Spagna
Si diventa campioni d’Europa anche passando attraverso le sofferenze. Nessun successo è stato raggiunto senza sacrifici e senza stringere i denti, superando ostacoli più grandi di noi. La semifinale con la Spagna, senza ombra di dubbio, è stato il passaggio più difficile del nostro Europeo. Le Furie Rosse hanno imposto il loro gioco ma noi, senza batter ciglio, siamo tornati quelli di un tempo. La nostra natura di difesa e contropiede, insomma, è tornata più viva che mai e ci ha portato a vincere di nuovo. Il primo tempo passa liscio, nel secondo tempo succede di tutto.
Gigio Donnarumma prende la palla tra le mani, lancia il contropiede con Marco Verratti, poi Lorenzo Insigne. Serve Ciro Immobile, ma la palla per la punta è lunga. Aymeric Laporte la tocca in scivolata, poi la palla resta lì. Tutto si ferma. Dietro, con la corsa di un bambino che vuole fare gol in una partita di calcetto, c’è Federico Chiesa. Tutto il mondo lo guarda e lui, questa volta, se ne rende conto. Tenta un dribbling ma frega tutti, anche sé stesso. Non guarda mai Unai Simon, guarda solo il pallone. Lo colpisce di piatto destro. La palla gira. Gol. Quando la sfera tocca la rete il pallone si attorciglia al reticolato, mentre Chiesa fa la stessa esultanza andata in scena contro l’Austria. Uno a zero. Non è finita.
#Euro2020, #ItaliaSpagna 5-3 dcr: #Chiesa-gol e azzurri in finale ai rigori ⬇️ https://t.co/ahWbpJYz5Z
— Tuttosport (@tuttosport) July 6, 2021
Ci chiudiamo ancora. Serve essere compatti, ma la Spagna gioca bene. Troppo bene, anche oltre ogni aspettativa. Un grande uomo come Luis Enrique aveva capito da subito che, in un momento o in un altro, ci sarebbe stata l’occasione per farci male. Allora dentro Alvaro Morata, che di gol decisivi ne sbaglia tanti, ne sbaglierà uno anche più avanti ma che, quando è lucido, sa essere mortifero. Lo spagnolo scambia con Dani Olmo, arriva in area e, quasi del tutto solo, spiazza Gigio Donnarumma. La Spagna pareggia, 1-1. In quel momento, negli occhi di molti italiani, c’erano sconforto e tristezza. Sembrava che la strada per diventare campioni d’Europa si fosse spenta lì, ma il destino si stava solo divertendo con le nostre arterie.
Si va ai rigori. C’è una vecchia leggenda che vuole che il primo a sbagliare sia alla fine il trionfatore. In pochi ci credono, ma per noi a volte è successo. Quando si arriva ai rigori in molti si rassegnano alla sorte, della serie “Ormai quello che abbiamo fatto abbiamo fatto, come va va”. Alla fine anche Manuel Locatelli sembrava disperato, ma poi Dani Olmo e Alvaro Morata toppano l’esecuzione, anche grazie a un super Donnarumma nel secondo caso. Poi, ghiaccio nel cuore, c’è Jorginho. Meglio ricordarlo per i rigori segnati piuttosto che per quelli sbagliati. Un saltello, Unai Simon è pietrificato. Jorginho si trasforma in Medusa. La palla è dentro. L’Italia è in finale agli Europei. Ora, come nelle migliori favole, non serve altro che il lieto fine. Scriverlo in casa dei nostri avversari, che quel lieto fine lo attendono da cinquantacinque anni, non sembra però la più semplici delle missioni.
Ciao Inghilterra, i campioni d’Europa siamo noi
Wembley. L’Inghilterra. Settantamila tifosi contro. “It’s coming home” a palla da giorni. Ecco, se c’è uno scenario ideale nel quale disputare una finale di un Europeo non è di certo questo. In terra lontana, nella casa di qualcun altro, con un pubblico che ti schernisce ma che, presuntuosamente, compie il più classico degli errori: pensa di aver già vinto. Sono giorni che gli inglesi sono sicuri di portarla a casa. Qualcuno – uno squinternato – si tatua anche la coppa sul corpo, con tanto di data e di scritta celebrativa. Insomma, la classica zappa sui piedi. Ma noi, zitti, non lo dicevamo, anche se in cuor nostro sapevamo tutti.
Ne sono ancora più convinti quando Luke Shaw li porta avanti dopo appena due minuti di gioco. Certo, lì ci era crollato il mondo addosso, ma se la matematica non inganna ottantotto è un numero maggiore di due e ottantotto erano i minuti che mancavano alla fine dei regolamentari. E, come esperienza insegna, nel calcio può succedere di tutto.
Sugli sviluppi di un calcio d’angolo Marco Verratti, che brilla per tecnica ma non spicca per altezza, la colpisce di testa. Sarebbe stata una storia incredibile, un piccolino che fa gol di testa tra i giganti inglesi. Jordan Pickford, tuttavia, non era d’accordo, ma col destino non c’è niente da fare. Se la dea “Tyche” decide una cosa quella deve essere. La palla, dopo l’intervento dello spocchioso portiere inglese, colpisce il palo e si mette comoda sull’arrivo di Leonardo Bonucci. Gol, 1-1. Sciacquatevi la bocca, l’Italia ha pareggiato. Passa il tempo, supplementari e tanto altro. Regna la paura, ma questa storia deve pur avere un epilogo. Il finale sarà deciso dai calci di rigore.
I rigori di Italia-Inghilterra
La strada per diventare campioni d’Europa ora ha due uscite: da una parte l’Italia di Roberto Mancini, dall’altra l’Inghilterra di Gareth Southgate. “Dove andiamo noi non servono strade”, avrebbe detto qualcuno, ma in questo caso un’uscita va presa. Il cammino per andarsene, tuttavia, è affidato a una lotteria, quella dei tiri dal dischetto. Mai sorte fu più infingarda e malevola.
Cominciamo noi, sotto il settore dei tifosi inglesi. Lo spicchio dei nostri sostenitori è dall’altra parte. Il primo a tirare è Domenico Berardi. Immaginatelo, una macchiolina blu, minuscola, in un inferno bianco e ubriaco. Una nuvola candida che non sa che a breve verserà lacrime di pioggia per tutta la vita. Comincia a riscaldare le pupille con il rigore realizzato da Mimmo Berardi. Avanti noi in questo luna park.
Quando arriva Harry Kane qualcuno già mette la spunta verde del gol realizzato. Il cecchino del Tottenham è infallibile e lo conferma ancora una volta, anche se Gigio Donnarumma si riscalda per entrare nella storia. Uno a uno, si riparte. Poi, con le gambe tremolanti, arriva Andrea Belotti. Il “Gallo” si sente solo e sbaglia, ma non sarà un problema tra dieci minuti. Quello che non sappiamo è che sarà un errore che ci dimenticheremo. Harry Maguire la spara sotto l’incrocio, in uno dei rigori più belli che abbia mai visto. Fino a quel momento non ne aveva calciato neanche uno in carriera.
Il momento più difficile arriva quando Leonardo Bonucci va sul dischetto. Se sbaglia tutti sanno che è finita. Lo sa anche lui, ma non traspare per nulla. Prima di tirare si ferma anche, alla Hernanes per intenderci. Pensate, tirare un rigore in questo modo in una serie di rigori in una finale di un Europeo. Ci vogliono gli attributi. Sotto l’incrocio, siamo ancora vivi.
Ora comincia l’ecatombe inglese. Arriva Marcus Rashford, uomo che spicca per le iniziative fuori dal campo e per gli ottimi numeri dal dischetto. Entra solo per tirare il rigore e poi andarsene a posto. Una cosa che, qualora per assurdo dovessi diventare un allenatore, non farei mai. Infatti, uno che di solito è infallibile dal dischetto non solo sbaglia, ma la butta proprio fuori. Federico Bernardeschi ci dà la carica e, con il suo gol, andiamo momentaneamente avanti. Questo ragazzo, ingiustamente insultato per troppe volte, si prende una grande rivincita.
Ora c’è Jadon Sancho, guarda caso anche lui entrato solo per il tiro dagli undici metri. Guarda caso anche lui pronto a tirare e con ottime percentuali dal dischetto. Questa volta non ci salva il palo, ma Gigio Donnarumma, che si lancia come Richard Parker su Pi e neutralizza il tiro del classe 2001. Ora c’è il match point, una cosa che ha fatto tremare persino un grande come Roger Federer.
Jorginho ha il match point. Ora, parliamoci chiaro, qui tutti pensavamo di averla vinta. Se ci avessero detto “a quale rigorista affideresti la tua vita” almeno nove persone su dieci avrebbero risposto “Jorginho”. Eravamo già pronti a stappare lo champagne, ma il centrocampista del Chelsea fa una cosa che non ci saremo mai aspettati: sbaglia. Meglio, Pickford lo para e pure bene ma, col senno di poi, meglio così. Li abbiamo illusi e son caduti più fragorosamente.
Ed eccoci di nuovo al punto di partenza. Bukayo Saka, classe 2001, contro Gigio Donnarumma, scuola 1999. In due fanno a malapena quarant’anni, molti meno rispetto al tempo trascorso dall’ultimo Europeo vinto dall’Italia, nel 1968. Donnarumma, forse, lo sa. Gigio decide di varcare la porta della storia da protagonista. Saka parte e il portiere azzurro fa lo stesso movimento eseguito sul rigore di Sancho. Tiro. Parata. Siamo campioni d’Europa.
ITALIA CAMPIONE D’EUROPA! ???
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— La UEFA (@UEFAcom_it) July 11, 2021
Di quel momento ognuno conserva la sua immagine, il suo fotogramma. Dov’era, cosa faceva e con chi. Io ricordo di non aver capito che fosse finita davvero, ma di averlo realizzato solo qualche secondo dopo. E poi ho capito anche altre due cose: che quell’emozione ci accomunava; e che un sogno, se si è in tanti a sognarlo, può diventare realtà. Salutiamo così nel 2021, nell’inconsapevolezza momentanea di essere diventati qualcosa di grande. Grazie Italia, siamo campioni d’Europa. Campioni d’Europa, perché è il secondo di sempre ma il primo dei nostri cuori.