La Riforma Cartabia della Giustizia sembra essere in arrivo ma i dubbi tra i professionisti e gli addetti ai lavori sono diversi. La necessità di trovare un punto di equilibrio tra le varie anime che compongono la maggioranza di Governo sta portando verso una riforma che ha più ombre che luci.
Ad analizzare quanto fatto finora l’Avvocato Alessandro Parrotta, direttore dell’Ispeg, intervenuto ai microfoni de L’Italia s’è Desta condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
Uno degli aspetti più importanti riguarda la valutazione del lavoro dei Giudici: “Nella testa del legislatore dell’epoca il percorso professionale del Giudice e del PM era sottoposto solo al vaglio del CSM – spiega Parrotta – Insomma la valutazione professionale del magistrato veniva rimessa ad un suo collega. Non è una questione che deve stupire, accade praticamente per ogni professionista. La pietra dello scandalo però si raggiunge laddove si legge che, da un’indagine condotta dallo stesso Ministero della Giustizia, ci sono molte archiviazioni su procedimenti disciplinari nei confronti di Giudici e queste archiviazioni sono in un certo modo segrete. Sembra quasi un’esigenza che queste valutazioni vengano tenute sotto traccia”.
Riforma Cartabia, il nodo dei tempi della giustizia
Parrotta ha quindi analizzato la Legge del 23 Settembre 2021: “La riforma della Cartabia adotta un sistema “trialistico”. Il primo è quella della prescrizione. Il secondo Influisce sul tempo del processo con quella che viene chiamata “improcedibilità dell’azione”. I Giudici avranno un timer per svolgere i processi di secondo e terzo grado. Devono arrivare a sentenza nei due anni successivi alla sentenza di primo primo grado e in un anno dopo per il secondo. Se non si rispettano questi tempi il processo diventa improcedibile. Il reato c’è, non si estingue, ma il processo è improcedibile. Per un giurista è un mostro giuridico. Terza via, il blocco della prescrizione tanto caro all’ex Ministro Bonafede che aveva voluto lo stop dalla prescrizione dopo una sentenza in primo grado. Con la nuova riforma la prescrizione si ferma sempre in primo grado, ma se in secondo grado non si addiviene ad una sentenza si torna in primo grado e la prescrizione riprende il suo corso. Insomma una giungla”.
Parrotta chiede quindi alla Ministra di ascoltare la Commissione Lattanzi: “La riforma della Giustizia è una delle riforme più delicate, ancor più della sanità o della pubblica amministrazione. Tocca uno dei poteri più importanti del nostro Paese . Ci deve essere un bilanciamento di forzeza ma è altrettanto vero che per fare un codice di procedura penale basterebbe dare retta alla commissione Lattanzi. Un gruppo di giuristi che con una relazione illuminante è andata a sussurrare al Ministro quali sono i pro e i contro della legge del 23 settembre”.