Tra poco meno di quarantotto ore il circuito del tennis riaprirà i battenti per il primo evento del 2022, la ATP Cup, torneo a squadra di recente creazione da disputarsi in Australia in una sorta di marcia di avvicinamento al primo Grand Slam della stagione, gli Australian Open. A down under, e non solo, il torneo è anche chiamato Happy Slam: si gioca in piena estate, ci si arriva dopo qualche settimana di off season, è il primo banco di prova per veder confermate o sovvertite le gerarchie con cui si era chiusa la stagione precedente e non di rado ha visto trionfare illustri sfavoriti della viglia proprio in virtù delle condizioni di incertezza con cui devono fare i conti i pretendenti al titolo.
Per gli Australian Open di tennis due anni di incertezze
L’incertezza palpitante che da sempre circondava l’evento, da due anni a questa parte ha ceduto il passo a un’incertezza più cupa che pur non minandone la presenza in calendario ha di fatto adombrato il clima informale con cui si era soliti attenderlo. Nel 2020, nonostante qualche imprevisto dai numerosi incendi che stavano divorando l’Australia, si fece appena in tempo a concluderlo prima di vedere il mondo piombare nella pandemia che ancora oggi ne rallenta la ripresa. L’anno scorso i giocatori dovettero così fare i conti con un protocollo molto severo stilato dalle autorità nazionali che li costrinse ad arrivare in largo anticipo nel paese così da scontare una quarantena in albergo scandita da tamponi e uscite contingentate solo per poter svolgere le loro sessioni di allenamento.
Quest’anno, quando ormai mancano poco meno di tre settimane al via del torneo, si pensava che l’arrivo dei vaccini e l’adesione alla campagna vaccinale dei presenti in tabellone potessero favorire il ripristinarsi di un clima che, anche favorito dalla presenza degli spettatori sugli spalti, potesse far da biglietto da visita per un prosieguo di stagione all’insegna dell’ottimismo. A scombussolare i piani ci ha pensato invece Novak Djokovic, n°1 del mondo nonché 9 volte vincitore di Melbourne.
Il serbo non ha mai fatto mistero circa la sua posizione su vaccinazione e pandemia. Nel 2020, quando l’Europa era ancora sprovvista di vaccini e il circuito ATP si era fermato così come tutto lo sport e tutti i campionati in giro per il mondo, pensò bene di organizzare nella sua Belgrado un torneo di beneficienza con tanto di festa in discoteca a torso nudo e magliette al vento. Risultato: focolaio, numero imprecisato di contagiati, rimbrotto (imbarazzato) da parte del Presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi e parziale mea culpa del serbo.
L’affondo di Tennis Australia e la risposta del clan del serbo
Nel 2021 l’attività è ripresa e complici le diverse politiche adottate dai paesi in cui si è giocato e dagli organizzatori dei tornei la questione vaccinale è sembrata raffreddarsi in favore di un ritrovato agonismo, e con lui vittorie e sconfitte, storie e sorprese. Insomma: non tutti erano vaccinati, ma i protocolli funzionavano, il clima aiutava a mitigare contagiosità e diffusione del virus e la responsabilità individuale faceva il resto. E invece riecco l’incertezza far capolino. A novembre, durante le ATP Finals di Torino, Craig Tiley, CEO di Tennis Australia, annunciò che ai prossimi Australian Open avrebbero potuto prender parte solo giocatori vaccinati. Il pensiero è andato subito a Djokovic, che richiesto di un parere dai giornalisti lì presenti, se la cavò alla maniera degli oracoli: “Let’s wait and let’s see”. Aspettiamo e vediamo.
Ci fu chi parlò di questione politica, chi reclamò per il serbo un’eccezione in quanto leader del ranking nonché campione in carica del torneo, altri provarono a immaginare nuovi protocolli meno restrittivi. Ancora una volta fu lo stesso Tiley a tagliar corto: “Djokovic gioca solo se vaccinato”. Nessuna esenzione medica per lui. Parole che non lasciavano spazio ai dubbi e sulle quali si è invece scagliato Srdjan Djokovic, il papà di Nole, definendo un vero e proprio ricatto quello organizzato da Tennis Australia nei confronti di suo figlio. Lo scambio sembrò chiuso lì, ma l’esito della partita sembrava ancora incerto. Nei giorni successivi infatti Djokovic è rimasto in Serbia non rilasciando alcuna dichiarazione (“Aspettiamo e vediamo”).
Un’assenza che sa di sconfitta per entrambi
Il calendario però è andato avanti e molti protagonisti del circuito sono intanto sbarcati in Australia per dare il via alle ostilità della stagione 2022. Fino a ieri il nome di Novak Djokovic figurava ancora tra quelli al via dell’ATP Cup, e indiscrezioni si susseguivano circa una sua partecipazione al successivo Slam in virtù di una nuova esenzione medica. Troppo allettante per gli organizzatori del torneo l’ipotesi di vedere Djokovic alzare al cielo il 10° titolo degli Australian open, e troppo poco appealing sarebbe stato un torneo al via senza il campione in carica a difendere il suo titolo. Se si sia trattato di congetture o ipotesi prive di fondamento non è dato saperlo, l’ultimo indizio della vicenda è infatti di questa mattina quando si è appreso del ritiro del serbo dal torneo a squadre con cui si aprirà la nuova stagione (rimpiazzato poi da Dusan Lajovic). Una decisione, la sua, evidentemente presa all’ultimo momento e su cui, più di qualche acciacco fisico, potrebbe aver pesato l’intransigenza con cui le autorità australiane stanno gestendo la diffusione della variante Omicron nel paese. A oggi il nome del serbo figura invece ancora nella entry list degli Australian open. Ma la palla, in questa partita, sembra oscillare ancora pericolosamente sul nastro dell’incertezza. A tenere il punto, a privarsi gli uni dell’altro, il rischio è che a perderci saranno entrambi.