Usando semplicemente i social faceva propaganda jihadista, il tutto senza alcun limite. Si chiama Faiz Arslan il 31enne accusato di istigazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo; l’uomo che da tre anni alloggiava a Francavilla al Mare, è stato arrestato. Per lui scatta il regime di custodia cautelare in carcere. Il motivo si rintraccia sui suoi profili social. Faiz Arslan usava in particolare Facebook, che era diventato per lui il principale mezzo per far scorrere tra gli utenti la propaganda di matrice jihadista. Il processo penale che dovrà stabilire l’eventuale responsabilità penale di Faiz rispetto alle accuse mosse dalla Procura Distrettuale sarà incardinato dinanzi al Tribunale di L’Aquila.

Non si tratta della prima volta che l’uomo di origini pakistane subisce provvedimenti giudiziari: lo scorso 18 agosto il prefetto di Chieti aveva emesso nei suoi confronti un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale per ordine e sicurezza pubblica. L’uomo si trovava dunque in attesa dell’esecuzione del rimpatrio coattivo.

La propaganda jihadista di un “estremista social”

In base a quanto spiegato dagli autori dell’operazione la misura cautelare è il frutto “di una complessa ed articolata attività di indagine dei Carabinieri del ROS, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo dell’Aquila”. Durante l’operazione è emerso “un rapido ed intenso processo di ‘autoradicalizzazione’ islamica del pakistano, che aveva assunto connotazioni estremiste di natura salafita”. Le attività investigative da parte degli inquirenti si sono concentrate in particolare sui suoi profili social, sui quali Faiz Arslan adottava “una sua continua attività di propaganda apologetica, tramite Facebook, consistente in post e commenti a favore dei metodi terroristici e delle vittorie delle milizie talebane”.

La propaganda scorre anche attraverso WhatsApp

Gli inquirenti hanno anche dimostrato come il 31enne pakistano Faiz Arslan abbia “inoltrato a più persone, via WhatsApp, video e fotogrammi di propaganda jihadista”. Il tutto “palesando un’esplicita attività di istigazione a commettere i delitti di partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo ed attentati terroristici”. Insomma, la sua si può definire una “propaganda social” ma, ancor prima di svilupparsi, non ha visto la luce.