Tra le statue sessualizzate dedicate alle donne la spigolatrice di Sapri è in ottima compagnia: in Italia non è l’unica ad avere i glutei in bella mostra. Nel misero panorama di statue e monumenti dedicati alle donne nel nostro Paese, solo 148 secondo il censimento dell’associazione di storici dell’arte Mi riconosci, quasi tutte sono giovani, belle e nude. Tre elementi scelti dagli autori che raramente trovano attinenza con quanto fatto da queste donne in vita.
Statue sessualizzate: dalla spigolatrice alla lavandaia fino alle giornaliste uccise in missione
In generale le donne vengono rappresentate con un riferimento ad una determinata categoria o figura allegorica (Madonne, Vittorie ecc.) o come un anonimo collettivo (mondine, lavandaie, mogli, partigiane, emigrate) mentre rarissimi sono i casi di statue e monumenti realizzati in memoria di donne realmente vissute.
Sembra proprio che nel nostro Paese se si deve rappresentare una donna attraverso la realizzazione di una statua, il nudo non possa mancare. E pazienza se due giornaliste come Maria Grazia Cutuli e Ilaria Alpi, uccise durante lo svolgimento del loro mestiere, siano state rappresentate come due giovani ninfe totalmente nude accanto ad una fonte d’acqua. Ben diverso l’omaggio reso ad un altro giornalista, come Indro Montanelli, vestito di tutto punto. Si tratta di un uomo, perché mai dovremmo vederlo nudo?
Monumenti dedicati alle donne: o mogli o madri
Nella maggior parte dei casi le varie figure femminili sono rappresentate mentre sono dedite alla cura o all’accoglienza di qualcuno, per lo più mogli accanto ai mariti o madri con i figli. Se pensiamo a donne ricordate per il loro impegno nella scienza o in una qualsiasi altra professione invece facciamo fatica a riempire le dita di una sola mano. Ne abbiamo parlato con Ludovica Piazzi, promotrice del censimento per Mi riconosci che ci ha confermato come la sproporzione riguardi non solo il tipo di soggetto ritratto ma anche l’artista a cui viene affidato il progetto: solo il 5% dei lavori viene firmato da donne.
La spigolatrice di Sapri è solo l’ultima delle statue femminili sessualizzate
Lo abbiamo scritto all’inizio: la spigolatrice è solo l’ultima di una serie di statue che raccontano le donne attraverso la loro sessualizzazione. I glutei palestrati della giovane di Sapri fanno sorridere se messi a confronto con la posa scelta per raccontare il duro lavoro di una lavandaia di Bologna, inginocchiata in una tinozza, quasi sodomizzata e completamente nuda. L’unica donna della spedizione dei Mille, Rosalia Montmasson, ha avuto la fortuna di essere ritratta insieme al marito Francesco Crispi: lui perfettamente vestito e con tanto di cappotto, lei in sottoveste con i capezzoli turgidi in evidenza. D’altronde si sa, se affronti il freddo vestita così…
Statue sessualizzate: l’omaggio a Ilaria Alpi e Maria Grazie Cutuli
Alla Montmasson è andata quasi meglio comunque di quanto capitato a Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli: la statua che le ha dedicato il comune di Acquapendente, in provincia di Viterbo, le ritrae giovanissime e nude, una di fianco all’altra, bagnate da una fonte d’acqua che sgorga da un foglio di giornale. “Il continuo flusso di notizie sorgente vitale del giornalismo moderno” secondo l’autore dell’opera, lo scultore Mario Vinci. Ci chiediamo quale sia il senso del nudo per raccontare il lavoro, l’impegno e la dedizione delle due corrispondenti italiane assassinate in Somalia e Afghanistan. E se un senso c’è, perché non è stato lo stesso per Indro Montanelli e la statua eretta a Milano per ricordarlo? Sarebbe stata visto come omaggio un monumento dedicato al giornalista che lo avesse ritratto giovane e nudo, magari accanto ad una sposa dodicenne?
Il nudo nell’arte c’è sempre stato. La differenza tra nudo e sessualizzazione
Le autrici del censimento ricordano che un conto è la rappresentazione di una figura allegorica nuda, un altro è ritrarre una persona realmente esistita o una figura femminile collettiva dove la sessualizzazione dell’opera risulta solo inutile e offensiva. La storia dell’arte è fatta anche dai nudi ma c’è una differenza importante che non va dimenticata: quello dell’arte classica ad esempio non ha nulla a che fare con la sessualizzazione e fino all’Ottocento era riservato fondamentalmente a figure mitologiche o divinità. Nelle Accademie lo studio del corpo nudo serve a risolvere un problema formale, cioè la riproduzione dei suoi tratti. Non si tratta dell’esposizione di un corpo in quanto oggetto del desiderio.
Statue femminili sessualizzate, la petizione di I have a voice
“Il nudo maschile rappresenta la forza e la potenza dell’uomo, non ha nessun richiamo sessuale, non ci sono posizioni quasi sodomizzate, come quella della Lavandaia, e rappresenta l’autoproclamazione della mascolinità, non di certo la sua sessualizzazione” ci dice Eva Dal Pozzo, presidentessa di I have a voice, associazione di professioniste che aiuta e sostiene le donne in difficoltà.
I have a voice ha lanciato una petizione per richiedere la rimozione delle statue sessualizzate esposte negli spazi pubblici, sostituendole, magari, con statue realizzate da artiste donne che sappiano conferire dignità e rispetto alle figure rappresentate.