Siamo abiutati alla produzione sempre notevole di una casa editrice, ABEditore, che negli anni con grande eleganza, amore e cura ha realizzato una serie di volumi che sono uno spettacolo per gli occhi e non solo per la qualità dei contenuti ma anche per la scelta di grafiche e materiali che restituiscono al lettore sensazioni capaci di coinvolgere il tatto, oltre che la vista. Anche “Il sogno della regina in rosso” si muove in questa direzione. Un volume misterioso e affascinante curato dal Prof. Fabio Camilletti, professore di Letteratura italiana all’università di Warwick, nel Regno Unito, che ha rilasciato un’intervista proprio per i lettori di Tag24 riguardo la genesi del libro.

Il Sogno della regina in rosso, l’intervista al Prof. Fabio Camilletti

Come nasce l’idea di questo libro?

Questo libro è stato un grande classico del ‘real supernatural’ anglosassone, un vero e proprio bestseller del primo Novecento: cinque edizioni tra 1911 e anni Cinquanta, alcune delle quali ristampate più volte. Lo hanno discusso filosofi e psicoanalisti, poeti e architetti, ben oltre le cerchie di appassionati di parapsicologia. In Italia era inedito, anche se molte pubblicazioni divulgative avevano comunque menzionato il caso nel corso degli anni: ed era il momento, credo, non solo di presentarlo ai lettori italiani, ma anche di fare il punto sulla sua storia culturale. E questo è lo scopo dell’introduzione, un saggio che lo contestualizza per la prima volta sullo sfondo della cultura europea di prima della guerra – l’Europa di Freud e di Méliès, di Proust e di H.G. Wells – e ne traccia la ramificata storia culturale, soprattutto quando, a partire dalla divulgazione delle teorie di Einstein, si inizia a leggere questo libro come una vera storia di viaggio nel tempo.

Chi sono i protagonisti di questa storia?

Le protagoniste sono due insegnanti di Oxford, Ann Moberly ed Eleanor Jourdain. Nell’estate del 1901, durante una visita a Versailles, sperimentarono per una ventina di minuti qualcosa di strano, che sulle prime non riuscirono a decifrare. In seguito si convinsero di essere passate, senza accorgersene, in un altro tempo, e di aver visto una Versailles che non esisteva più dal 1789. Inizialmente pensarono a un fenomeno spettrale, o a un’involontaria comunicazione telepatica con lo spirito della regina Maria Antonietta; negli anni successivi, pur senza usare esplicitamente il termine, ritennero di aver compiuto un vero e proprio viaggio nel tempo. Non è importante – posto che ci si riesca – sapere esattamente cosa accadde in quel pomeriggio di agosto: più interessante, secondo me, ricostruire come la storia di questo libro riecheggi il più ampio dibattito della cultura novecentesca sulla natura del tempo, prima e dopo l’annuncio della teoria della relatività di Einstein. E, da questa prospettiva, ‘An Adventure’ rappresenta un caso di studio fantastico, una vera e propria batteria dell’immaginario che influenzerà scrittori, drammaturghi, poeti.

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