Olimpia Milano prima battuta d’arresto Capita a Trieste culla del “Principe”
Diverse coincidenze, e la lucida sintesi dell’allenatore, Ettore Messina: “Troppe palle perse e scelte sbagliate nell’ultimo quarto”
Quando un campionato mette sul piatto della stessa giornata la pietanza della prima sconfitta della prima della classe, un derby vinto di 6 punti da una delle due metà del cielo felsineo. E per giunta una sfida, Brindisi contro Treviso, terminata al supplementare per 99-95, vinta dai pugliesi dopo un “tira e molla” di notevole intensità, soprattutto nella costruzione dei giochi d’attacco.
La squadra di Coach Frank Vitucci era avanti 30-24 poi 54-43. E tutto lasciava presagire al dilagare delle bocche da fuoco brindisine. La beata gioventù trevigiana, punto a punto, rimbalzo dopo rimbalzo, ha ripreso in mano la partita con 5 punti di dote nel terzo periodo e 6 nell’ultimo fino al tiro della disperazione che non entrava. Overtime e vittoria di 4 per la Pallacanestro Happy Casa Brindisi. Ma che fatica.
La Leonessa Brescia è riuscita nel riscatto a danno e spese della Vanoli Cremona, superata in trasferta per 86-73 con avvio di partita e precedente l’intervallo disastroso. La formazione di casa prendeva, incassava, e ringraziava.
Molto combattuta, al contrario, la seconda prova di spessore in poco tempo prodotta dalla Dinamo Sassari, che è riuscita ad avere la meglio sul filo di lana con una aitante Varese: 104-99, recitava, il tabellone, al 40’. La differenza tutta dal 31’ al 40’, in favore di chi, la Dinamo, aveva più benzina. E quindi maggiore lucidità.
Pesaro, invece, perde dopo tre grandi partite. Passa in casa della Victoria Libertas la Pallacanestro Reggiana per 72-69 e sono due punti di spessore, per i cestisti della Città del Tricolore.
Come per Pesaro è naturale, per la legge dei grandi numeri, e dei muscoli che possono stridere, che abbia perso anche Napoli, una delle più belle favole del campionato, visto che parliamo di una neopromossa. La compagine di Pino Sacripanti ha lasciato strada, davanti al suo pubblico, alla Dolomiti Aquila Trento, per 81-72. Fatale il dover sempre rincorrere. Al quarto periodo la squadra napoletana è arrivata con la lingua di fuori. Non è stata la solita sfida contro le grandi giocata punto a punto, che forse è la condizione idonea, a tirare fuori il meglio, per i giocatori che un anno fa erano in Serie A2.
Tortona sa difendere. E questa volta passa all’incasso contro una Reyer Venezia che scorda dei princìpi elementari, in attacco. Il 77-65 è la fotografia esatta, dell’incostanza del gruppo lagunare di De Raffaele. Che ha buttato partite semplicemente perché non in condizione e quindi poco tranquillo, nel fare cose che qualche mese fa, soltanto qualche mese fa, faceva con più ampia disinvoltura. Ed efficacia. L’altra neopromossa becca la dote e ringrazia, sentitamente, per evitare di rischiare la permanenza in categoria dopo parecchi turni dal giro di boa.
Lasciamo per ultime le due partite più rilevanti.
Il derby è in grande equilibrio, 19-20 per la Fortitudo, che all’intervallo lungo è sotto di 3 punti. Di 2 al 30’. E infine di 6 alla sirena finale. La Virtus ha tenuto la barra dritta quando la partita diventava bollente, ha preso i giusti rimbalzi e gestito meglio le situazioni d’attacco. E ai rimbalzi si è saputa far rispettare. Ha poco, da rimproversarsi, la “F”. Perché perdere un derby dopo essere stati in partita praticamente per 35 minuti significa guadagnarsi il rispetto della rivale cittadina e degli addetti ai lavori.
La notizia del giorno è la prima sconfitta in Serie A1 per l’Olimpia Milano. Doveva succedere. E’ capitato in una serie di circostanze. Partita dal punteggio basso. Situazione poco idonea, per i giocatori di Ettore Messina, e lo dicono anche le gare d’Europa. Seconda considerazione. Ha perso dopo 10 vittorie sulla numero 11. Un numero che nella storia dell’Olimpia vuole dire tantissimo. E’ stato di Dino Meneghin ed è irripetibile, pensare di ritirarlo a un altro giocatore. Ha perso a Trieste. La città del Principe, Cesare Rubini, uno dei tre HallofFamer nella NBA’s Hall of Fame di Springfield, con Dino e Sandro Gamba. Che àgiovedì ha avuto lo stesso onore del gigante di Alano di Piave. La #8 di Mike D’Antoni e la 8 di Gamba campeggeranno sotto il tetto enorme del Forum di Assago. Unico caso al mondo, forse.
Il resto ce l’ha messo la grande Pallacanestro Trieste. Avanti 16-14 al 10’, ha difeso alla grande sui giocatori di maggior talento a disposizione del quintetto milanese. Il 38-38 del rientro negli spogliatoi è stato emblematico, della volontà dei giuliani. Bravi a difendere, positivi in attacco, i beniamini del pubblico adriatico hanno faticato, nel terzo tempo, con un parziale passivo di 15-21. E quando in tanti, tra i presenti, o a casa, dal televisore, hanno pensato alla solita fuga di Milano, il parziale ultimo, 18-9, ha rimesso prima le cose a posto, poi costretto l’Olimpia, a rincorrere.
Questa volta la precisione ha tradito la squadra più popolare e dalla panchina lunga. Non Trieste. Che aveva bisogno, di una scossa. E l’ha data a tutto il torneo. Milano è caduta. Applausi a chi ne ha causato e determinato la prima battuta d’arresto. Trieste ha la facoltà e i mezzi, per riscuotere tutta l’ammirazione del caso.
Diverse coincidenze, e la lucida sintesi dell’allenatore, Ettore Messina: “Troppe palle perse e scelte sbagliate nell’ultimo quarto”
Photo Credit: Pagina Facebook Olimpia Milano.