In politica c’è chi torna sui suoi passi. Chi invece decide di cambiare radicalmente schieramento. O non si ritrova più nel partito. Chi non si ritrova per la seconda volta in un gruppo e opta per un terzo. E chi coglie un’opportunità. Fatto sta che in Parlamento, sia alla Camera, sia al Senato, diversi esponenti della XIII legislatura iniziano a guardarsi intorno.

L’esodo della politica centrista verso Forza Italia

Coraggio Italia e Cambiamo sono al centro di un vero esodo. Diversi gli addii formalizzati dalla compagine politica di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, soprattutto alla Camera: con un passato nel Movimento 5 Stelle, Gianluca Rospi ha deciso di lasciare il centro per passare sotto l’egida forzista. Stefano Benigni invece è uno dei nomi papabili per un ritorno all’ovile berlusconiano. Stesso destino sembra attendere il 47enne Claudio Pedrazzini. Al Senato invece l’ex Movimento 5 Stelle Emanuele Dessì potrebbe anche lui lasciare il PCI e approdare in Forza Italia. L’unico vero politico ad aver smentito le voci su un suo trasferimento è Emilio Carelli: il deputato eletto con i 5 Stelle conferma la sua volontà di rimanere centrista e in Coraggio Italia. La campagna acquisti di Silvio Berlusconi punta dritta al Quirinale: lo scouting forzista serve infatti a rendere concreto, nei piani del cavaliere, la sua nomina a Capo dello Stato. I centristi si affidano ancora alla voce di Giovanni Toti (“acquistando le simpatie grilline potrebbe perderne qualcuna nel centrodestra”) e all’ironia di Gaetano Quagliariello: “La politica non è il Risiko! Se Berlusconi prende tre parlamentari e pesta i piedi a 30, il saldo fa meno 27”.

Tutti vogliono essere Fratelli d’Italia

Lo schieramento di Giorgia Meloni sembra suscitare tantissimo appeal fra le sliding doors della politica odierna. Ma dai vertici sembra proprio che non ci sia spazio per tutti. La stessa Daniela Santanché ha sbottato “non siamo un taxi”. Forzisti, pentastellati, renziani, tutti attratti dal progetto “coerente” di Giorgia Meloni. Alcuni sono solo terrorizzati dal taglio dei parlamentari (saranno 345 in meno dalla prossima legislatura, ndr).

Fra vincolo di mandato e divieto di trasformismo, la reazione della politica

Torna di attualità la questione di come arginare nel nostro Paese, nel caso ce ne fosse bisogno, il desiderio e la volontà di cambiare lo schieramento politico. L’idea del vincolo di mandato era una bandiera (ora ammainata) del Movimento 5 Stelle, che adesso viene riportata in auge dall’alleato Dem Enrico Letta. Secondo il segretario del PD infatti conviene discutere in Parlamento della possibile riforma dei regolamenti per limitare il trasformismo e la migrazione dei rappresentanti politici. Quando? Dopo l’elezione del Capo dello Stato: dialogare con il centrodestra, per il momento, vista l’imminente elezione al Colle, non è possibile.