Caporalato Foggia: scoppia di nuovo lo scandalo in Italia. 16 persone sono indagate dalla Procura di Foggia, tra le quali anche la moglie di Michele Di Bari capo Dipartimento Immigrazione del Viminale, per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nell’ambito di una inchiesta condotta in mattinata dai carabinieri. Un’indagine che arriva in un momento in cui in Italia è tornato centrale il tema dei diritti dei lavoratori.

Due stranieri, un gambiano ed un senegalese, sono finiti in carcere, tre agli arresti domiciliari e 11 (tra cui la moglie del prefetto) sottoposti all’obbligo di firma. Sono inoltre una decina le imprese agricole sottoposte a controllo giudiziario. Le indagini sono riferite al periodo compreso tra luglio e ottobre dell’anno scorso quando alcuni imprenditori agricoli si sarebbero rivolti a un cittadino straniero – il presunto caporale – per reclutare manodopera da impiegare nei campi del Foggiano.

Caporalato Foggia, ricostruito il sistema di illeciti

Secondo gli inquirenti gli operai venivano sfruttati, pagandoli solo 5 euro per ogni cassone di pomodori riempito. Non solo. Gli operai lavoravano anche 13 ore al giorno e il poco che guadagnavano dovevano versarlo a un uomo di 33 anni del Gambia per il trasporto e per l’attività di intermediazione. Era il 33ene ad annotare su un quaderno le quantità di prodotto raccolto da ogni bracciante. Ed era sempre lui a riportarli su mezzi precari e di fortuna, nell’accampamento di Borgo Mezzanone in cui vivono accampate tra sporcizia e illegalità, almeno duemila persone.

L’inchiesta è il proseguo dell’operazione “Principi e Caporali” che nell’aprile scorso ha portato all’arresto di 10 persone e al controllo giudiziario di alcune aziende agricole. Controllando le campagne di Manfredonia (Foggia) riconducibili a una azienda agricola di Trinitapoli (Barletta – Andria – Trani) i militari si sono imbattuti nei braccianti stranieri impiegati senza rispetto dei contratti di lavoro, delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro e in condizioni igienico – sanitarie precarie.

Per gli investigatori, i due cittadini stranieri e le aziende avrebbero creato “un apparato quasi perfetto”, che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento fino al pagamento, risultato “palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal Ccnl, nonché dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia”. Le buste paga, infatti, sono risultate false perché contenenti un numero di giornate lavorative inferiori a quelle realmente svolte dai lavoratori e prive di riposi e ferie.

Dopo la notizia il prefetto Di Bari si è dimesso dal suo ruolo di Capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero.