L’Espresso chiama in causa Stefano Bandecchi e il fondatore dell’Università Niccolò Cusano risponde, punto su punto, alle illazioni riportate dal settimanale del Gruppo Gedi. In un articolo dal titolo “Chi paga la non politica” i giornalisti Antonio Fraschilla, Vittorio Malagutti e Mauro Minafò lanciano l’allarme su come i finanziamenti da parte di soggetti privati ai partiti politici possano interferire nell’agenda politica e dettarne le regole. Gli autori del testo alludono a un tacito “do ut des” tra chi finanzia e chi ricevere i soldi. Per questo, scrive il giornale, L’Espresso ha analizzato e rielaborato mille pagine di documenti che registrano donazioni ai partiti e movimenti politici. Partito per partito ha indagato le forme di sostegno e i finanziatori. Nel capitolo su Forza Italia è tirato in ballo Stefano Bandecchi, tra i finanziatori del partito di Silvio Berlusconi. Del presidente delle Scienze Umane vengono date una serie di informazioni che riguardano il suo passato, i suoi rapporti politici e l’Università Niccolò Cusano che Stefano Bandecchi smentisce con alcuni video su Instagram.
L’allusione dell’Espresso: “Bandecchi ha fatto pressioni sull’allora ministro dell’Istruzione Manfredi tramite Battistoni”
I giornalisti dell’Espresso scrivono che Francesco Battistoni, Sottosegretario all’Agricoltura, fece pressioni all’allora ministro dell’Istruzione Manfredi per far cancellare una norma che avrebbe penalizzato l’Università Niccolò Cusano e gli altri atenei telematici. E lo fece in virtù dei finanziamenti dati a Forza Italia. “A Roma – si legge nell’articolo – molti ricordano la foga con cui nel gennaio del 2020 il futuro sottosegretario berlusconiano incalzò l’allora ministro dell’Università Gaetano Manfredi per ottenere la cancellazione di una norma che penalizzava gli atenei telematici. Compresa l’Unicusano del sodale Bandecchi, gran finanziatore di Forza Italia”.
Bandecchi risponde a L’Espresso: “Ho curato i miei interessi? Si ma anche quelli degli studenti”
Stefano Bandecchi ribatte così all’insinuazione che il sottosegretario Battistoni abbia interceduto per lui: “Le Università telematiche in quel periodo stavano perdendo la possibilità di avere tra i propri corsi di laurea la facoltà di psicologia. Secondo il decreto cui fa riferimento l’articolo, le università telematiche non sarebbero state idonee ad avere, tra le scelte didattiche, la facoltà di psicologia proprio per l’aspetto che le caratterizza, ossia la didattica a distanza tramite piattaforme e-learning. Io, però, vi rammento che nelle Università cosiddette in presenza non è mai esistito l’obbligo di frequenza, quindi non riesco a comprendere cosa abbia di meno l’erogazione telematica. Ho difeso i miei interessi? Sì ma anche quelli di tutti gli studenti che frequentano i corsi telematici, forniti anche da Atenei statali. La cosa divertente di tutta questa storia è che un paio di mesi fa è uscita una legge molto bella, la legge delle lauree abilitanti. In cosa consiste? Le lauree abilitanti, tra le quali è compresa anche la facoltà di psicologia, possono essere erogate dalle Università statali e da quelle, cosiddette private, legalmente riconosciute, ivi comprese le telematiche. Non l’ho votata io quella legge. E’ passata grazie ai voti di Pd, Italia Viva, Cinquestelle, Fdi, Forza Italia e Lega. I diritti delle persone vengono prima dei diritti del singolo. Io la penso così.
La storia, passo passo, del decreto dell’ex ministro Fioramonti che penalizzava le Università telematiche
Il gennaio del 2020 è un momento delicato per le università telematiche. Uno degli ultimi atti da ministro di Lorenzo Fioramonti riguarda da vicino gli atenei che offrono didattica attraverso piattaforme e-learning. Il 23 dicembre, tre giorni prima di rassegnare le sue dimissioni da titolare dell’Istruzione, Fioramonti firma un decreto ministeriale che vieta agli atenei telematici di istituire tutta una serie di corsi di laurea. Dell’elenco fanno parte alcune conferme – Medicina e le altre lauree ad accesso programmato nazionale come veterinaria, architettura, odontoiatria, professioni sanitarie, scienze della formazione – e qualche nuovo innesto.
Le novità riguardano tre corsi triennali (scienze dell’educazione, scienze e tecniche psicologiche, servizio sociale) e due magistrali (psicologia e scienze pedagogiche). Per tutti non sarà più possibile ricorrere all’e-learning.
Favorevole l’Ordine degli psicologi
Nel ricordare di avere sollevato la questione nel luglio 2019 con un documento in cui le lauree telematiche venivano definite «assolutamente incompatibili con la natura sanitaria della professione», il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi manifesta tutta la sua soddisfazione per la scelta di Fioramonti. Tant’è che il presidente Fulvio Giardina definisce il decreto del 23 dicembre «una importante vittoria per la professione ottenuta in una importante sinergia con il mondo universitario».
I timori degli studenti
Di diverso avviso gli iscritti alle università telematiche. In una lettera appello al governo gli studenti della Guglielmo Marconi, della Niccolò Cusano e della Pegaso si dicono pronti a scendere in campo «nella faida scatenatasi». Per effetto delle nuove regole – è la loro posizione – «un numero imprecisato fra studenti telematici lavoratori e non frequentanti in generale, sia di istituti statali che privati, sono rimasti orfani di un’impalcatura che dovrebbe invece tutelarli in quanto figli di un progresso che ha dettato nuove regole – e le detta tuttora – sulle modalità didattiche in tutto il globo». Nonostante le telematiche – aggiungono – offrano oggi «una didattica completa, tranquillamente comparabile a quella delle altre università».
L’epilogo col ritiro del decreto
Un decreto che ha suscitato indignazione e panico tra gli studenti dei vari corsi universitari online, sempre più apprezzati nel nostro Paese. Una realtà che negli ultimi 10 anni ha visto crescere gli iscritti da 20mila a 82mila e i laureati da 2mila a 13mila.
Nel dettaglio, il decreto, firmato dal Ministro Lorenzo Fioramonti pochi giorni prima di rassegnare le dimissioni, è stato bloccato il 24 febbraio 2020:
“A seguito dei rilievi formulati dalla Corte dei Conti in sede di registrazione del provvedimento indicato in oggetto, lo scrivente Dicastero ha provveduto al ritiro del Decreto ministeriale 23 dicembre 2019, n. 1171. Pertanto, in tema di programmazione triennale relativa all’istituzione di corsi di studio, di cui all’allegato 3 del Decreto ministeriale n. 989 del 25 ottobre 2019, continueranno ad applicarsi le disposizioni normative attualmente vigenti in materia”