Continuano gli approfondimenti sulla malasanità con il Prof. Claudio Loffreda-Mancinelli, anestesista di Pittsburgh. Dallla sua precedente intervista è emerso come le morti prevenibili siano circa 2,6 milioni nel mondo e oltre 45.000 in Italia e stime dei costi aggiuntivi che, sempre in Italia, sono di oltre 22,5 miliardi di Euro.
Oggi ci occuperemo di un altro problema particolare: il “Silenzio Organizzativo”.
Malasanità, il silenzio organizzativo
Professore cosa intendiamo con questo termine?
Questa definizione racchiude tutti i fenomeni di scarsa comunicazione che giornalmente avvengono in ambito sanitario. Il Silenzio va valutato come problema collettivo a causa del quale si fa o si dice poco di fronte ad un chiaro errore o comportamento che differisce dagli standards abituali. Rappresenta quindi un atteggiamento culturale che non favorisce la prevenzione di possibili complicanze, può ledere l’incolumita’ del paziente e promuove una falsa rappresentazione della realtà.
Quindi si tratta di difficile comunicazione tra medici?
Non solo. La difficile comunicazione avviene anche tra medici e personale infermieristico, operatori sanitari e amministratori, medici e pazienti o famiglie del paziente. Le cause possono essere individuali, sociali, organizzative e legali. Spesso non si da all’errore la dovuta importanza. Non si realizza che proprio questi errori sono tra le cause più comuni di eventi avversi in più del 50% dei casi. La possibilità di errare da parte del singolo è spesso sottovalutata: “Io non commetto mai questi errori”, oppure: “Nel mio reparto, nella mia istituzione, queste cose non avvengono”. Generalmente si tratta di professionisti, amministratori, lavoratori che hanno o una molto limitata casistica ed esperienza o, peggio, non riconoscono i propri limiti.
Sembrerebbe quindi che il problema sia soprattutto del singolo
Questa è solo parte della realtà. Molto spesso anche quando vediamo altri agire in maniera inaspettata o diversa da ciò che ci aspetteremmo, scegliamo spesso di non interferire. Siamo restii ad intervenire. Non ci sarebbe nulla di strano nel dire: “Sei sicuro? Vedo che stai usando una tecnica, una terapia che generalmente io non uso”. Un confronto chiaro ed onesto potrebbe spiegare certe situazioni e potenzialmente evitare conseguenze negative.
Anche nel caso della scarsa comunicazione dovremmo però individuare nella cultura vigente dell’organizzazione la sede e causa del problema. Il singolo individuo dice o si comporta nei modi che gli sono concessi o nei modi predominanti in una data organizzazione.
Torniamo a parlare di casi specifici. Come ci dovremmo comportare col paziente vittima di errore medico?
Il paziente va prima di tutto rassicurato. Va spiegato che l’errore è stato identificato e una commissione di esperti è già al lavoro per individuarne le cause e per evitare il ripetersi di simili eventi. Va sottolineata la rarità di queste situazioni, ma non per questo il nostro impegno sarà minore per trovare le giuste soluzioni. Dobbiamo scusarci col paziente e mostrare un reale rincrescimento. Deve esser chiaro che noi rapprentiamo un’organizzazione che prende ed accetta le proprie responsabilità e saprà trovare i rimedi. Tutto questo con un’interazione chiara, onestà e veritiera: un approccio trasparente.
Questo può essere un approccio fondamentale da avere con il paziente
Assolutamente si. Il paziente non persegue le vie legali per sofferenza, ma soprattutto per rabbia e senso di impotenza. Il paziente ha sempre il diritto di conoscere realmente i fatti. Con un atteggiamento minimizzante, poco chiaro, finiremo coll’aumentare questa rabbia e i sentimenti di diffidenza. Il saper dialogare in maniera efficace e chiara deve essere un cardine del rapporto medico-paziente. Questa capacità è fondamentale nel processo di cura, anche perché un paziente ben informato sarà in grado di seguire in maniera più esatta le indicazioni ricevute. Al paziente deve essere chiara la diagnosi, le possibili complicanze, le opzioni terapeutiche e deve sempre sentirsi libero e completamente a suo agio nel chiedere ulteriori spiegazioni.
Se questo non avviene, che succede?
Il paziente, o la famiglia che si prende cura di lui, potrebbero fare scelte terapeutiche, dietetiche, di comportamento sociale, che possono peggiorare il quadro clinico. La posologia di un farmaco può essere errata, l’importanza di una dieta specifica può essere sottovalutata, la necessità dall’astenersi o limitare alcune sostanze, ad esempio alcol o fumo, può essere minimizzata. Nei fatti solo il 50-70% dei pazienti segue correttamente le terapie prescritte, circa il 10% le indicazioni dietetiche e solo il 2% la raccomandazione di sospendere il fumo.
L’altro risultato a cui spesso si assiste è il ricorso ai Social Media.
Anche questo sembrerebbe essere una delle facce del problema
Recenti dati confermano che le persone connesse alla Rete sono in media 4.39 miliardi, circa il 56% della popolazione mondiale. Ogni volta che andiamo in Rete, ci aspettiamo risposte immediate. Nel Web troviamo di tutto e per tutti i gusti. Ciò che spesso manca è una verifica delle notizie con la conseguente confusione tra vero e falso. A tal riguardo vorrei ricordare che l’Istituto Superiore di Sanità, sul proprio sito, ha un area dedicata: “Falsi Miti e Bufale”. La Sanità è arrivata tardi a far un uso pratico ed efficiente della Rete. Attualmente sono sempre più numerose le strutture presenti sul Web, ma presentano spesso consistenti problemi di accesso, chiarezza dei contenuti e facilità d’uso. È indubbio che la Rete rappresenta una forma di informazione ideale per il paziente e per la Sanità a patto che proponga materiale valido ed accessibile a tutti. Per questo è importante formare culturalmente esperti che, in base alle informazioni cliniche elaborate, siano capaci di saper dialogare col paziente anche in forma elettronica, usare un linguaggio semplice, comprensibile, monitorare i contenuti e le obiezioni proposte dai pazienti e limitare al minimo eventuali problemi di accesso o tecnici.
Abbiamo una soluzione a questo stato di cose?
Si, attraverso corsi di comunicazione e interazione integrati nella classica formazione della classe medica, infermieristica e manageriale. Burocrazia, lavoro stressante, risultati economici, focalizzazione sulle tecniche e ultra-specializzazione non possono giustificare una comunicazione non appropriata col paziente, altrimenti si va a minare quel rapporto medico-paziente, o meglio, Sanità-paziente, che resta fondamentale. In ambito sanitario si è fatto molto, ma molti ancora sono i margini di miglioramento. Ricordo ancora una volta che la Sanità è un’industria con una performance di circa il 98% di successo e la maggioranza degli operatori del settore quotidianamente si impegna al fine di migliorare questi valori per rendere la degenza del paziente un evento meno stressante e il più sicuro possibile. E un malato informato è parte integrante del sistema e dei risultati.
Molti ascoltatori ci hanno chiesto se è possibile contattarla per avere ulteriori informazioni sui temi trattati nelle trasmissioni
Certamente. Le domande sui temi trattati possono essere inoltrate all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]. Sito web http://qualazine.com/
(Dati e materiale a cura del Prof. Claudio Loffreda-Mancinelli, specializzato in Anestesia e rianiamazione presso la University of Pittsburgh)
ASCOLTA QUI L’INTERVISTA COMPLETA AL PROF. CLAUDIO LOFFREDA MANCINELLI