Demetrio Volcic se ne è andato. Nella Gorizia materna una delle voci e dei volti più apprezzati, nella storia della RAI, non c’è più. A pochi giorni dal suo 90° compleanno. Uno dei corrispondenti più seguiti, perché ha raccontato un mondo e un’Europa precedenti la caduta del Muro di Berlino.

Uomo di immensa cultura, ha rappresentato una scuola di giornalisti forse irripetibile

Volcic ha parlato da diverse capitali della parte orientale del Vecchio Continente. Lo ha fatto con efficace puntualità, con garbo, con capacità descrittiva. Accompagnato da quella grande cultura di cui è stato un egregio e distinto rappresentante.

Nato a Lubiana, attuale Slovenia, all’epoca Jugoslavia, il 22 novembre del 1931, Volcic ha avuto il papà triestino e la mamma goriziana. La famiglia Volcic si era trasferita in Jugoslavia durante il periodo più brutto dell’Italia, quello del fascismo. Poi rientrò sul suolo patrio diversi anni dopo.

Volcic era nato a Lubiana da padre triestino e madre goriziana. La famiglia si era trasferita in Slovenia durante il fascismo, per poi rientrare in Italia alcuni anni più tardi.

Entra in RAI nel 1956, a 25 anni, e intanto si laurea in Economia. Diviene inviato speciale da Trieste 8 anni anni. E, nel 1968, assume la qualifica di corrispondente dalle sedi estere dell’Ente RadioTelevisivo di Stato.

Passa da Praga, Vienna, Bonn e arriva a Mosca. Città che lo consacra all’attenzione del grande pubblico che segue i notiziari televisivi e radiofonici della RAI.

Volcic sarebbe tornato in Italia nel 1993, dopo ben 25 anni. In quell’anno e per 18 mesi ricopre il ruolo di Direttore del TG1. Poi passa a quello di coordinatore delle radio CNR. E al contempo è docente di Dottrine politica e di Politica Internazionale proprio a Trieste.

Nel 1996 Demetrio Volcic lascia il giornalismo e diventa nel 1997 Senatore, subentrando con l’elezione suppletiva a Darko Bratina. Poi riesce a ottenere tante preferenze per l’elezione a Europarlamentare (2004).

Nel 2006 un’altra università, quella di Udine, gli conferisce la laurea magistrale honoris causa in Relazioni Pubbliche.

Nella vita personale Volcic, sposato, era padre di due figli, uno residente a Mosca, l’altra in Gran Bretagna.

Tra le sue passioni il gioco degli Scacchi. E tantissimi libri che ne hanno formato una conoscenza di tutto il mondo della politica internazionale. Oltre a parlare con eccellenti risultati ben 6 lingue!

Questo grande bagaglio culturale lo ha incoraggiato quando è entrato a far parte del Partito Socialista Europeo. Ricevendo l’incarico di membro effettivo della Commissione Affari Regionali e Trasporti, e poi di membro supplente della Commissione Affari Esteri, Diritti dell’Uomo, la Sicurezza Comune e la Politica di Difesa.

Volcic da eurodeputato non ha dimenticato le origini slovene tanto che ha contribuito, nel 2004, alla relazione per i nuovi 10 paesi membri dell’unione continentale. E’ anche stato il vicepresidente della delegazione alle commissioni parlamentari di cooperazione dell’Unione Europea con Armenia, Azerbaigian e Georgia.

Tra le sue opere “Mosca. I giorni della fine” (1992), Est. Andata e ritorni nei paesi ex comunisti. Nel 2006 ha scritto “1956 Kruscev contro Stalin”, due anni dopo “Il piccolo Zar” e nel 2018 “1968 L’autunno di Praga”. Tutti scritti applauditi e pieni di dettagli e aneddoti di un inviato preparato e capace di approfondire.

Tra i premi vinti il “Rhegium Julii per la saggistica per “Mosca. I giorni della fine”, il “Città di Palmi” nel 1997 e il “Premio Ilaria Alpi” alla carriera, nel 2010.

Negli ultimi sei mesi le sue condizioni fisiche erano peggiorate. Altre patologie, si sono assommate, forse a un uomo stanco, sul piano fisico, anche per il mal di schiena, avendo il fisico da giocatore di Pallacanestro, molto alto. Ma non di scrivere, di studiare, di confrontarsi con quella storia parte della quale ha saputo trasmettere al pubblico televisivo.

Nel 2021 Volcic ha pubblicato un mosaico di quanto aveva raccolto in precedenza. Arricchendo i precedenti libri con diversi capitoli inediti.

E’ stato una parte, dell’immenso patrimonio, umano e letterario, culturale e giornalistico, della RAI. E lo sarà, nel tempo.