Fabrizio Miccoli finisce in carcere. L’ex attaccante di Juventus, Fiorentina e Palermo è stato condannato in via definitiva a tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso. La decisione definitiva è arrivata dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione. Il giudice di legittimità ha così confermato la sentenza del gennaio del 2020 della corte d’Appello, rendendo in questo modo la decisione definitiva. Per Miccoli, adesso, si apriranno le porte della prigione. Il motivo si rintraccia nell’aggravante, quella del metodo mafioso. In questi casi, in base a quanto previsto dal nostro ordinamento, non è infatti concessa alcun tipo di misura alternativa alla detenzione in cella.

Fabrizio Miccoli in carcere: la vicenda

Ripercorriamo i motivi che hanno portato alla condanna in carcere per Fabrizio Miccoli. Facciamo un passo indietro e torniamo a parlare di un episodio accaduto qualche anno fa. L’ex fuoriclasse del Palermo commissionò un’estorsione aggravata dal metodo mafioso a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonino ‘U scintilluni’. Lo stesso Antonino è stato successivamente condannato a sette anni di carcere in via definitiva poche settimane fa.

La condanna sorge a seguito di un processo che nasce per il recupero di 12mila euro a Andrea Graffagnini, ex titolare della discoteca “Paparazzi” dell’Isola delle Femmini. Graffagnini subì violenze e minacce. Nel caso Miccoli subentra per un motivo che vede coinvolto Giorgio Gasparini, ex fisioterapista dei rosanero. Gasparini aveva chiesto all’attaccanto un aiuto per recuperare il credito di 12mila euro da Graffagnini, socio nel locale. I

In primo grado Miccoli venne condannato dal giudice dell’udienza preliminare Walter Turturici, a seguito del rito abbreviato. Il processo è andato avanti e quella sentenza trova conferma con l’avanzare dei gradi di giudizio. Ad aggiungere clamore ci furono alcune dichiarazioni raccolte nelle intercettazioni telefoniche, con le quali Miccoli additava il giudice Giovanni Falcone con epiteti ingiuriosi. Per quelle parole lo stesso Miccoli si scusò pubblicamente.