Diciotto giorni. Di silenzio, preoccupazione e infine paura. Tanti ne sono trascorsi dacché non si hanno più notizie di PengShuai, la tennista cinese che aveva denunciato di aver subito abusi sessuali dall’ex vicepremier cinese Zhang Gaoli. Una vicenda che ha assunto tratti inquietanti e su cui il mondo del tennis ha deciso di non tacere.

La WTA:  certezze su PengShuai o niente tennis in Cina nel 2022

Steve Simon, chairman della WTA, nel corso di un’intervista rilasciata alla CNN giovedì scorso, ha squarciato il velo di ipocrisia dietro al quale il mondo dello sport si rifugia quando chiamato a prender posizione su vicende che sconfinano dai perimetri dei suoi campi da gioco. “Troppe volte nel nostro mondo di oggi, lasciamo che gli affari e i soldi dettino ciò che è giusto e ciò che è sbagliato – ha dichiarato Simon -. Quando abbiamo di fronte una giovane che ha la forza d’animo di farsi avanti e muovere accuse del genere, sapendo benissimo quali saranno le conseguenze, non possiamo scendere a compromessi. Siamo decisi a rivedere le nostre attività e affrontare tutte le complicazioni che ne deriveranno, perché questa storia è certamente più grande del business”.

Le sue parole, così come accaduto per quelle di PengShuai, avranno delle conseguenze che ricadranno sull’industria da lui condotta. Nel 2022 infatti in Cina sono previsti 10 tornei incluso il Master Final di fine stagione. Il che, tradotto in numeri, vorrebbe dire rinunciare a quasi 30 milioni di dollari di montepremi. A poche ore dalle sue dichiarazioni, è spuntata fuori una mail attribuita alla stessa PengShuai divulgata dalle autorità di Pechino in cui la giocatrice  ritira l’accusa nei confronti dell’ex premier dichiarando di star bene e di trovarsi a casa.

La coincidenza agli occhi della WTA e dell’ATP, il circuito maschile che a stretto giro ha sposato l’iniziativa promossa dalla WTA, è parsa fin troppo forzata tanto che è stato lo stesso Simon, attraverso una dichiarazione rilasciata alla stessa associazione, ad ammettere di aver “difficoltà a credere che PengShuai abbia effettivamente scritto l’e-mail che abbiamo ricevuto o creda a ciò che le viene attribuito”, ribadendo come “abbia ripetutamente cercato di raggiungerla attraverso numerose forme di comunicazione, senza alcun risultato”.

Coraggio, imbarazzo, viralità, prossimi passi

Una volta entrata in campo, la vicenda, proprio come in una partita di tennis, ha preso a rimbalzare da un lato all’altro del campo e dalle parole di Simon in breve si è arrivati alle prese di posizione delle giocatrici e dei giocatori ancora impegnati in quest’ultimo rettilineo di stagione. La prima è stata Barbora Krejčíková: vincitrice in doppio nelle Finals di Guadalajara, nel suo discorso di ringraziamento  ha ricordato il trentaduesimo anniversario della Rivoluzione di velluto, e “gli studenti e cittadini molto coraggiosi, usciti per le strade, che hanno manifestato contro il regime non democratico che avevamo. Grazie a loro e al loro sacrificio – ha concluso -, la mia generazione può vivere in un bellissimo paese, a casa, senza restrizioni, con libertà”.

Novak Djokovic, dopo aver vinto la sua terza partita alle Finals di Torino, si è presentato in conferenza stampa parlando di una situazione orribile non nascondendo l’imbarazzo a cui si esporrebbe il circuito nel dover giocare in Cina il prossimo anno in assenza di notizie certe riguardanti la salute di PengShuai.
Ultima è arrivata la viralità generata dai protagonisti del circuito ATP e WTA, che hanno unito le loro voci attraverso una campagna di sensibilizzazione via social con l’hashtag #WhereIsPengShuai. La stagione è ormai agli sgoccioli, poco il tempo a disposizione per pianificare gli eventi futuri e gli eventuali piani B. La speranza è che questo braccio di ferro tra le autorità cinesi e quelle del tennis possa concludersi in fretta. E l’auspicio è che sia la stessa PengShuai a decretarne la fine. Così non fosse, il precedente aprirebbe scenari imprevedibili che oltre a condizionare il tennis si riverbererebbero anche sulle imminenti Olimpiadi invernali di Pechino e sul futuro dello sport in Cina.