Quando Adriano Panatta si esibiva nella sua “Veronica” tutti restavano fermi a guardarlo per qualche secondo. C’era chi scattava in piedi per applaudire, chi si cimentava in una smorfia di stupore e chi invece si limitava a sorridere compiaciuto per averla vista almeno una volta nella vita. La “Veronica” è uno di quei colpi che un tennista conosce a menadito, sia per emozioni che per la grazia del gesto tecnico. Spalle alla rete, uno smash aggraziato ma deciso, tutto dal lato del rovescio e con un colpo di frusta al polso non comprensibile dagli esseri umani. Tutti sapevano che quella pallina gialla l’avversario non avrebbe mai presa. E Adriano ci ride ancora oggi di questo:

Tutti sapevano che avrei fatto e dove l’avrei spedita. Sempre là, incrociata stretta. Ma non la prendeva mai nessuno.

La bellezza della “Veronica” di Adriano Panatta

In molti pensano che sia stato il tennista romano a coniare il nome di questo gesto atletico, ma dietro c’è una storia decisamente particolare. Il merito del nome di questa volée dorsale di rovescio va riconosciuto al giornalista Rino Tommasi, che si è rifatto al gesto del torero prima di uccidere il toro nel corso della corrida. Quel colpo, per l’appunto “Veronica”, lasciava gli spettatori sbigottiti.

Per questo Adriano Panatta ha sempre apprezzato quell’epiteto al suo colpo. Un gesto mortifero, dove il tennista avversario soccombeva “per colpa di Veronica”, come cantano i Baustelle. La cosa che sorprende è che il movimento era sempre lo stesso, eppure dietro c’era una precisione, un atletismo, un senso del tempo comune a pochissimi tennisti nella storia di questo sport. Il senso del tempo porta Adriano Panatta verso l’immortalità sportiva, ma sapere che “Veronica” non ha età ci rende più consapevoli nella sfida all’infinito.