Giorgio Chinaglia andava oltre il concetto attuale di “Bad Boy”. Era matto, dentro e fuori dal campo. Prendeva a calci nel sedere Vincenzo D’amico, stuzzicava Pino Wilson. Mandava a quel paese Ferruccio Valcareggi, andava dai tifosi della Roma mostrandogli l’indice. Ma era in campo che parlava. Un grande partner di Pelè, un trascinatore di una squadra di matti, la Lazio del ’74, un capello ribelle con l’animo di un bambino inascoltato, che poi diventa eversivo. Era il “Bad Boy” degli anni ’70, quello che faceva impazzire le donne e faceva innamorare i tifosi. Un “Bad Boy” di classe, di eleganza e raffinatezza. Certo, pur sempre un “Bad Boy”, ma con una marcia in più. Ciò che faceva nello spogliatoio restava nello spogliatoio.
Non avrebbe fatto stories su Instagram, era un “Bad Boy” molto riservato. Amava i suoi spazi, prendeva in giro i suoi compagni ma avrebbe dato la vita se li avessero provocati. Andava nei locali, beveva come una spugna e il giorno dopo segnava una tripletta. Andava a fatica in tv, ma quando ci andava era uno spettacolo. Era buono Chinaglia, molto, a tal punto da restare invischiato in situazioni più grandi di lui. L’unico modo per fuggire dalla realtà che gli stava stretta era il calcio. Collo destro e via. Non solo. Chinaglia cantava.
Quando Giorgio Chinaglia cantava
Sopra c’è “I’m football crazy”. Scritta da “Long John”, cantata da Giorgio Chinaglia, arrangiata dai fratelli De Angelis. Un brano leggero, con un piccolo coro, dove Chinaglia ammette di essere matto. Matto per il calcio. Sono matto per il calcio. La sua patria, un campo con due porte da sfondare. Leggenda narra che Chinaglia avesse registrato questa canzone non proprio da sobrio, ballando davanti al microfono. Non a caso la dizione non è delle migliori, alcune parole si perdono, ma fermatevi un attimo. Immaginatelo impostato, serio, impassibile. Non sarebbe mai stato Giorgio Chinaglia. Nessuna Lamborghini da non si sa quanti milioni di euro. Nessun catenone, niente ostentazione. Un “Bad Boy” senza eccessi. Un genio calcistico con una dose di follia, proprio come quelli che adesso mancano come il pane.