Il karma sembra aver compito l’India ed in particolare la sovrappopolata città di Nuova Delhi, costretta a chiudere scuole e college a causa dell’emergenza inquinamento. L’enorme utilizzo di auotmobili e un servizio di mezzi assolutamente insufficiente sta letteralmente soffocando la città
I sostenitori del carbone alle prese con l’emergenza inquinamento
La scorsa settimana furono Cina e India le due nazioni che durante la Cop26 di Glasgow spinsero per riscrivere il testo finale della conferenza. Alla parola “eliminazione” del carbone venne sostituita la parola “riduzione” entro il 2030. Un obiettivo vago, fortemente voluto dalle due superpotenze per continuare ad alimentare crescita e Pil. A quale costo però? I risultati sono già evidenti.
Nella giornata di mercoledì 17 novembre nella metropoli i livelli di particolato erano elevatissimo, fino a 4 volte il massimo consentito. Un livello talmente alto che, oltre a scuole e college, ha costretto l’amministrazione di Nuova Delhi ha chiudere anche 6 delle 11 centrali a carbone presenti sul territorio. Non solo. Saranno vietati i lavori edili fino al 21 novembre per evitare la circolazione in città di camion e mezzi pesanti.
Con una popolazione di 1,3 miliardi, l’India è uno di quei Paesi che si è opposto a chi chiedeva degli interventi radicali sul clima e ambiente. Nonostante i fiumi inquinati e l’aria irrespirabile, il Paese asiatico non vuole saperne di cambiare rotta, preferendo invece continuare a spingere sulle energie non rinnovabili. I problemi, però, quando si presentano non si possono ignorare. È incredibile come neanche di fronte a fatti evidenti ed accertati i grandi della Terra, in questo caso una nazione che ha quasi un settimo dell’intera popolazione mondiale (solo la Cina ne ha di più), decidano di non intervenire. Un atteggiamento suicida che peserà sulle generazioni future alle quali toccherà il gravoso compito di sistemare tutti i danni causati dagli uomini negli ultimi secoli.