Il 16 novembre 2010, l’Unesco ha iscritto la Dieta Mediterranea nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. Un modello  nutrizionale ispirato alle abitudini alimentari tradizionali di sei paesi europei e uno africano del bacino del Mediterraneo: Italia, Grecia, Spagna, Cipro, Croazia, Portogallo e Marocco. Questo modello è stato abbandonato nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuto troppo povero e poco attraente rispetto ad altri modelli alimentari provenienti in particolare dalla ricca America, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, l’interesse dei consumatori e sta conoscendo una grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l’Argentina, l’Uruguay, alcune zone degli Stati Uniti d’America e in Australia.

E’ la dieta dei nostri nonni e bisnonni: cereali, legumi, carne e pesce, frutta fresca e verdura sono gli alimenti alla base della dieta mediterranea che secondo gli esperti garantirebbe, rispettivamente, un tasso di mortalità ridotto di 11 e di 14 punti percentuali. Perciò un uomo sano di 60 anni che segua con regolarità la Dieta mediterranea, vivrà in media almeno un anno più di un suo coetaneo incredulo dei benefici di questo regime alimentare, a parità di altri elementi e fattori.

Il “rapporto dieta-longevità” deriva secondo i medici dal fatto che la Dieta mediterranea fornisce forti quantità degli antiossidanti che neutralizzano i danni cellulari causati dai “radicali liberi” derivati dalla ossidazione degli alimenti metabolizzati. La fedeltà ai sapori e agli ingredienti mediterranei  premia dunque i consumatori, garantendo loro un migliore stato di salute ed aspettative di vita maggiori.
Specie nei paesi ricchi dell’Occidente nei quali non ci sono più la fame né disturbi da sottoalimentazione, i dati epidemiologici risultati dalla ricerca, rilanciano quindi il senso ed il valore delle diete non già tanto come criteri di riduzione del peso corporeo. Bensì, come “modus vivendi” finalizzati alla salute e al benessere in una fase in cui aumentano i disturbi causati dal disordine nutrizionale, dalla sovralimentazione, dagli squilibri alimentari. Malattie come infarto, diabete, ipertensione, ictus, disfunzioni circolatorie, coronariche, osteoarticolari per arrivare ai tumori sono legate strettamente a fattori dietetici.

Un patrimonio che oltre a vantare dovremo anche consumare. In questo senso si deve leggere una contraddizione italiana: consumiamo sempre meno ortofrutta. Una volta, questi consumi variavano in base alle regioni. Oggi invece dipendono, invece, dalle abitudini familiari. Alcuni mangiano molta ortofrutta e altri, come gli adolescenti e i ragazzi che più ne necessitano, pochissima. Se l’organismo fosse messo in condizione di utilizzare nel miglior modo l’apporto nutrizionale, riuscirebbe a misurare i consumi energetici e formazioni di riserve adipose. In fondo, per evitare le patologie e rimanere in salute potrebbe bastare controllare quel che si fa in tavola. E se i dati dicono che in Italia si mangia meno di venti anni fa, ma la gente in sovrappeso è maggioranza (le donne per il 5% di più), bisogna evitare i chili di troppo perché possono indurre disturbi al metabolismo, malattie cardiovascolari, dolori articolari.

Mi raccomando non perdetevi la puntata oggi in prima serata alle 21.30 della Mela al Giorno condotta da Andrea Lupoli e Roberta Sias dedicata proprio nel secondo blocco alla Giornata Mondiale sulla Dieta Mediterranea, con il Dott. Mauro Mario Mariani, medico e mangiologo.