Jorginho sbaglia ancora. Davanti a un Olimpico di Roma strapieno, con gli occhi di milioni di persone sui tuoi piedi, le gambe hanno tremato di nuovo. La scena è la seguente. Anthony Taylor, arbitro della contesa tra Italia e Svizzera, decisiva per la qualificazione ai Mondiali, va al Var. Berardi cade, è calcio di rigore. Ora, tu sei Jorginho. Prendi la palla tra le mani, la sfiori e la poggi sul dischetto. Davanti a te hai Yann Sommer, il portiere del futuro, uomo copertina degli ultimi Europei (quelli vinti da noi, per intenderci). Hai già sbagliato a Basilea. Se segni, l’Italia è al Mondiale. Tiri, la palla va alta. Ovvio, gli italiani non hanno un bel rapporto con i rigori calciati alti. Non ce l’hanno dal 1994, ma più che mai da ieri sera. E va bene, ci sta la critica al rigore sbagliato, ma fermi tutti. Le critiche stanno piovendo proprio da chi, fino a qualche mese fa, idolatrava il centrocampista del Chelsea per la corsa al Pallone d’Oro.
Jorginho, gli insulti non te li meriti
Ora, calmiamoci un attimo. La maledetta “agorà” dei social condanna anche senza un giudizio. Nessuna Cassazione, si va dritti al punto. Quello che ci chiediamo, tuttavia, è se sia giusto spalare così tanto fango addosso a un giocatore che, nonostante tutto, si è sempre preso le sue responsabilità, davanti a tutto e tutti. Insulti, rabbia, a tratti anche diffamazione. Il bello è che piove dagli stessi uomini che, quando Frello ha trafitto Unai Simon, erano pronti a saltare, scolandosi fiumi di birra pur di scendere al fianco degli Azzurri. Tutti sul carro con Jorginho, ora tutti fuori. In gergo si definiscono “occasionali”, ma l’Italia non può avere un tifo saltuario. L‘Italia deve unire e noi dobbiamo stare vicini ai nostri atleti, a maggior ragione a chi ci ha portato sul tetto d’Europa giusto qualche mese fa.
La lezione di Galeazzi
La scomparsa di Giampiero Galeazzi ha lasciato un forte vuoto, giornalistico e soprattutto umano. Molti di noi, tuttavia, l’hanno celebrato ieri come “esempio di umanità straordinaria”. E’ vero, la sua lezione è stata proprio questa, trattare tutti allo stesso modo, con la vicinanza di un migliore amico. Se c’è una lezione da trarre, un’altra, è che, come avrebbe fatto Galeazzi, a Jorginho bisognerebbe solo dire “Grazie” per tutto quello che ha fatto. Prendere esempio dai grandi del passato, da segnare sul taccuino. Pacca sulla spalla e via. Tutti a Belfast, adesso. C’è un Mondiale da conquistare.