La Bandiera Italiana spiegata ai più giovani. Questa settimana, nella sede dell’Università Niccolò Cusano, si è tenuto un seminario nell’ambito dell’Alternanza Scuola Lavoro. Presso l’Ateneo romano studenti e studentesse delle superiori hanno vissuto una giornata durante la quale hanno potuto conoscere meglio la nostra Costituzione ed i simboli della Repubblica Italiana.

Ad organizzare i lavori è stato il Professor Federico Girelli, Professore di Diritto Costituzionale. Girelli, dopo una fase teorica, ha riprodotto un’Udienza della Corte Costituzionale. In particolare quella nella quale si illustra la sentenza con la quale la Corte bocciava la legge voluta dalla Regione Veneto per esporre in tutti gli uffici pubblici statali, al fianco di quella Italiana ed Europea, anche la Bandiera del Veneto.

Nella sentenza c’è la possibilità di leggere una vera e propria lezione di educazione civica sul significato del nostro Tricolore.

“L’unità e l’indivisibilità della Repubblica – si legge nella sentenza – tratti che qualificano lo Stato-soggetto espressivo della comunità nazionale, comportano che le Regioni non possano avanzare la pretesa di affiancare imperativamente alla bandiera della Repubblica i vessilli delle autonomie locali in tutte le ipotesi in cui il simbolo stesso sia chiamato a palesare il carattere “nazionale” dell’attività svolta da determinati organismi, enti o uffici”. Perché accade questo? “L’inserimento nella Costituzione di una disposizione sulla bandiera nazionale [art. 12] risponde all’esigenza, che vi è in tutte le Costituzioni, di precisare, anche per ragioni internazionali, i caratteri del vessillo della propria Nazione, poiché la bandiera rappresenta un segno distintivo della personalità dello Stato sul piano internazionale, assumendo anche il più profondo significato di identificazione della Nazione nel suo Stato. Nella democrazia pluralista delineata dalla Costituzione repubblicana, la bandiera assume la valenza di simbolo della sovranità nazionale, d’uno Stato che non riconosce altri valori oltre quelli dei quali si fa detentore ed impositore”.

Si parla insomma di valori incarnati dalla Bandiera Italiana che per nessun motivo vanno “mischiati” con altri.

Sempre secondo la Corte, “La bandiera rappresenta, in effetti, sin da epoche remote, un segno distintivo della personalità dello Stato sul piano internazionale. Nell’età moderna, essa ha peraltro assunto anche un altro e più profondo significato: quello, cioè, di strumento di identificazione della Nazione nel suo Stato. La bandiera costituisce, in altri termini, l’espressione in simbolo dello Stato nazionale. La bandiera è, peraltro, l’unico dei simboli della Repubblica del quale la Costituzione si occupa. Per corrente notazione, l’effetto più rilevante di tale scelta risiede nel carattere rigido impresso all’emblema nazionale: individuando nel «tricolore italiano» la bandiera della Repubblica ed erigendolo a simbolo dell’unità nazionale, il Costituente ha escluso che tale strumento di identificazione possa essere mutato dalla maggioranza politica del momento, aggiungendovi, ad esempio, i simboli della propria ideologia, che non riflettono, per necessità di cose, quella unità”.

I Costituenti hanno voluto blindare la bandiera, in maniera tale che nessuno potesse mai cambiarla o cambiarne il significato.

“Al riguardo, va osservato che l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, costituzionalmente imposte come tratti che qualificano lo Stato-soggetto espressivo della comunità nazionale, comportano che le Regioni non possano avanzare la pretesa di affiancare imperativamente alla bandiera della Repubblica, configurata dalla Costituzione quale elemento simbolico “tipizzante”, i vessilli delle autonomie locali in tutte le ipotesi in cui il simbolo stesso sia chiamato a palesare il carattere “nazionale” dell’attività svolta da determinati organismi, enti o uffici”.

L’interessa nazionale quindi prevale su quello locale. Una presa di posizione importante visto che l’Italia, nonostante l’Unità, sembra ancora essere una Nazione divisa dai campanilismi.