In uno dei luoghi più freddi del pianeta, 130 km a sud della costa artica russa, lo scienziato Sergey Zimov non riesce a trovare alcun segno di permafrost poiché il riscaldamento globale ormai permea anche il suolo della Siberia. E così mentre le ossa di mammut e l’antica vegetazione congelata al suo interno per millenni si scongelano e si decompongono, ora la preoccupazione è per il rilascio di nuovi grandi quantità di gas serra.

Emissioni, il pericolo dallo scioglimento del permafrost

Zimov, che ha studiato per decenni il permafrost dalla sua base scientifica nella regione della Yakutia, produttrice di diamanti, osserva gli effetti del cambiamento climatico in tempo reale. Il permafrost copre il 65% della massa continentale della Russia e circa un quarto della massa continentale settentrionale. Gli scienziati affermano che le emissioni di gas serra derivanti dal suo disgelo potrebbero alla fine eguagliare o addirittura superare le emissioni industriali dell’Unione europea a causa dell’enorme volume di materia organica in decomposizione. Nel frattempo, le emissioni di permafrost, che sono viste come naturali, non vengono conteggiate tra gli impegni del governo volti a ridurre le emissioni o sotto i riflettori durante i colloqui sul clima delle Nazioni Unite.

Zimov, scienziato ribelle

Zimov ha ignorato gli ordini di lasciare l’Artico quando l’Unione Sovietica è crollata e ha invece trovato i fondi per mantenere operativa la Stazione Scientifica del Nordest vicino alla città parzialmente abbandonata di Chersky. Citando i dati di una rete di stazioni di monitoraggio globali gestita dagli Stati Uniti, Zimov ritiene che la pandemia di COVID-19 abbia dimostrato come il permafrost abbia già iniziato a rilasciare gas serra. Intere città sono state costruite sul permafrost e il suo scongelamento potrebbe costare alla Russia 7 trilioni di rubli di danni (100 miliardi di dollari) entro il 2050 se il tasso di riscaldamento continuasse a crescere.

Bisonti e mammut per fermare il disgelo

Zimov vuole rallentare il disgelo in una zona della Yakutia popolando una riserva naturale chiamata Parco del Pleistocene con grandi erbivori tra cui bisonti, cavalli e cammelli. Tali animali calpestano la neve, rendendola molto più compatta in modo che il freddo invernale possa penetrare al suolo agendo come una spessa coltre isolante. Zimov e suo figlio Nikita hanno iniziato a introdurre animali nel parco recintato nel 1996 e finora hanno trasferito circa 200 specie diverse, che secondo loro stanno rendendo il permafrost più freddo rispetto ad altre aree. Il piano surreale prevede anche di poter ospitare i mammut che altri scienziati sperano di far risorgere dall’estinzione con tecniche genetiche, al fine di imitare l’ecosistema della regione durante l’ultima era glaciale che si è conclusa 11.700 anni fa.

Servizio completo a cura di Misa Urbano in onda sabato 13 novembre 2021 su Check In, mi sa che parto. Canale 264 DTT.