Veltroni si inquieta per il boom dei manga

“Perché i manga hanno conquistato i nostri ragazzi?” Se lo chiede Walter Veltroni in un articolo pubblicato il 2 novembre sul sito del Corriere della Sera. Una domanda lecita a cui, però, non si riesce a dare risposta, almeno non nel pezzo dell’ex Sindaco di Roma. Veltroni racconta infatti il suo stupore per aver trovato, al primo piano della libreria Rizzoli in Galleria a Milano, un reparto dedicato ai fumetti manga. Un settore, spiega Veltroni “decollato in questi mesi”.

Manga, passione continua

La verità è che la passione per i fumetti giapponesi c’è sempre stata. Sono le librerie che hanno capito tardi questo fenomeno, lasciato solo nelle mani di negozi specializzati e dell’e-commerce. Veltroni si chiede se questo interessa sia un bene o un male. “Le storie sono sempre intrise di una violenza parossistica e perciò irreale ma c’è chi scorge, nella struttura narrativa, una critica ai modelli formativi giapponesi fondati esclusivamente sull’agonismo sociale e, in generale, una sollecitazione alla dimensione comunitaria come risposta alla società violenta che viene evocata e sublimata” scrive Veltroni il quale, in parte, ha ragione.

Non tutti i manga giapponesi sono sviluppati in questo modo. Del resto la vita di un adolescente nipponico, al quale si rivolgono i manga, è molto più complicata di quanto non si possa vedere od immaginare. Per questo anche la galassia dei manga non si limita a “storie violente”. Ci sono i Kodomo per gli under 10 (come Doraemon), gli Shonen tra i quali, oltre al famoso Dragon Ball, possiamo citare Dottor Stone, un’opera che insegna la chimica e la fisica. Si può continuare con gli Shojo, rivolti soprattutto alle ragazze su argomenti romantici e psicologici, o gli Josei che parlano di vita quotidiana con uno spiccato tocco di realismo.

I manga per Veltroni sono violenti

Insomma, i manga non sono, come dice Veltroni, “violenti”. È indubbio che alcune delle opere più famose incentrino le loro storie su lotte e battaglie ma queste conclusioni dimostrano una scarsa conoscenza di questo mondo.

Ne è un altro esempio Assassination Classroom. La peggiore classe di un Liceo d’Eccellenza giapponese deve uccidere il loro professore, un mostro dai poteri sovrannaturali che distruggerà la Terra al termine dell’anno scolastico. Nel manga non si vede scorrere praticamente neanche una goccia di sangue e si analizza invece il ruolo del professore. Korosaki Sensei, il mostro da uccidere, diventa un professore modello che riesce a far emergere dei ragazzi che sembravano non avere più ambizioni o speranze.

Nell’articolo di Veltroni c’è un passaggio che stona. “Ma questa considerazione sul fenomeno manga, in atto da tempo ma ora esploso, si salda alla registrazione del successo planetario della serie coreana Squid Game, un vero fenomeno, e alla passione per la musica K-pop” un accostamento che, per quanto detto sopra, ha poco senso visto che parliamo di linguaggi e temi assolutamente diversi tra loro.

Le conclusioni di Veltroni

A quali conclusioni giunge Veltroni? “Non ho un giudizio definitivo sul fenomeno culturale in corso – scrive – Forse mi inquieta, ma non mi indigna. Non sempre il passato che abbiamo conosciuto è migliore del presente. Se i Camaleonti non erano peggiori di Luciano Tajoli, forse i Måneskin non sono peggiori dei Camaleonti”. Non si capisce perché sia inquietato e per quale motivo qualcuno dovrebbe indignarsi. Sembra quasi che questa inquietudine nasca semplicemente perché per qualcuno quello dei manga è un universo sconosciuto e, come tutte le cose che non si conoscono, potrebbe far paura. Per questo sarebbe il caso approfondire il tema e non lanciare velati allarmi di un cambiamento dei riferimenti culturali in atto, tra le altre, da moltissimi anni.