Nella bozza della legge di bilancio appena approvata dal Consiglio dei ministri, è contenuto un articolo che rivoluziona la previdenza e le pensioni della categoria dei giornalisti. Dal primo luglio 2022 infatti l’Inpgi, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, confluirà nell’Inps. La presidente Marina Macelloni ci ha spiegato cosa cambierà per l’Ente e per i lavoratori del settore.

“Quello che differenzia una cassa (di previdenza ndr) rispetto ad un’altra è poter disegnare delle politiche di welfare e di assistenza che sono adatte alle proprie categorie. Questo è un po’ il senso di avere delle casse private che possono intervenire proprio sulle categorie di riferimento in maniera specifica e un po’ sartoriale. Ecco questo i giornalisti lo perderanno perché avranno le stesse tutele che hanno gli altri lavoratori. Disegnate uguali per tutti. Una specie di universalismo delle prestazioni”.

Si parla di un buco, nelle casse dell’ente, pari a 250 milioni di euro. A cosa è dovuto?

“Non è un buco dovuto ad una cattiva gestione. È uno sbilancio, un deficit di bilancio che deriva da una cosa molto semplice: i contributi che entrano sono inferiori alle prestazioni che escono. Noi abbiamo pochi lavoratori iscritti che pagano i contributi e tanti lavoratori che ormai sono in pensione. A questo si aggiunge tutto il capitolo degli ammortizzatori sociali. Noi siamo interamente sostitutivi dell’Inps e questo vuol dire che da sempre abbiamo sempre pagato tutti gli ammortizzatori sociali della categoria. Cassa integrazione, disoccupazione, contratti di solidarietà e prepensionamenti. Quindi lo sbilancio è dovuto a questo. Lo sbilancio del 2020 è stato di 240 milioni, nel 2021 sarà un pochino meno, circa 220 milioni. Ma è uno sbilancio su cui c’è ben poco da fare. I tagli che dovevamo fare alle prestazioni li abbiamo fatti. Quello che manca sono proprio gli iscritti. Le persone che pagano i contributi. Mancano perché il settore dell’editoria è in una crisi fortissima. Non da oggi ma da almeno un decennio. È un settore che è stato violentemente travolto dalla digitalizzazione e non ha ancora trovato il modo di riportarsi in una situazione di salute”.

Non si potrebbe ragionare anche su una revisione dell’accesso alla professione del giornalista?

“Assolutamente sì. Noi abbiamo chiesto in questi lunghi anni di trattative con quattro governi e abbiamo anche cercato un’interlocuzione con l’ordine dei giornalisti. Perché allargasse le maglie per l’iscrizione all’ordine magari costituendo degli albi speciali. Io capisco che chi fa il comunicatore e non è la stessa professione che fare il giornalista. L’Ordine è un istituto molto utile per la difesa della deontologia professionale però secondo me è un po’ chiuso e anche un po’ vecchio nel suo modo di considerare la professione giornalistica in questo momento. Ha bisogno di un’apertura e anche di inclusione. Io sono convinta che tutte le persone che svolgono che svolgono lavori non propriamente giornalistici ma molto simili abbiano bisogno di essere inclusi in questo mondo. Anche per poter recepire le stesse regole deontologiche che abbiamo noi e che ci consentono di fare la professione con il massimo della qualità e della correttezza. Secondo me l’Ordine ha perso un’occasione in questo caso. Avrebbe potuto aiutare questo percorso ma, come spesso accade alle istituzioni, si preferisce conservare piuttosto che dare uno sguardo un po’ più ampio al futuro”.

Rivedi l’intervista completa nella puntata di Restart 264, il contenitore di politica, cronaca e attualità in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19.30 su Cusano Italia TV (ch. 264 dtt). Condotto e curato da Aurora Vena e Lorenzo Capezzuoli Ranchi.