Continuano le proteste degli attivisti contro la Conferenza O.N.U. sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta anche come COP26. Nonostante gli sia stato rifiutato l’accesso, la nave Rainbow Warrior di Greenpeace non rispetterà il divieto imposto dalle autorità di Glasgow e risalirà il fiume Clyde per dirigersi verso la sede della COP26.

Greenpeace e la Rainbow Warrior verso Glasgow

A bordo della nave di Greenpeace sono presenti attivisti provenienti dalle comunità più colpite dalla crisi climatica. Se il viaggio della Rainbow W. verso Glasgow dovesse andare a buon fine, ad accoglierla questo pomeriggio ci saranno altri attivisti. Il motivo? Consegnare insieme un forte messaggio ai leader mondiali nel corso di una conferenza stampa importante come quella COP26.

Chi sono i giovani attivisti?

I quattro giovani attivisti a bordo della nave fanno parte di Fridays for Future M.A.P.A. (Most Affected People and Areas) sono Jakapita Kandanga, (24 anni, Namibia), Edwin Namakanga, (27 anni, Uganda), Maria Reyes, (19 anni, Messico) e Farzana Faruk Jhumu, (22 anni, Bangladesh). Come ben visibile su grandi striscioni appesi tra gli alberi della Rainbow Warrior e sulla prua della nave, attiviste e attivisti chiedono ai leader mondiali di “Smetterla di deluderli”.

Ribattono a gran voce: «Stiamo soffrendo le conseguenze di un’emergenza che non abbiamo creato e coloro che hanno il potere di determinare le politiche climatiche necessarie per fermare questa ingiustizia sono le stesse persone che ci stanno tradendo. È ora di sradicare questo sistema».

Per i giovani attivisti a bordo della Rainbow Warrior, i negoziati sul clima non dovrebbero avere luogo senza le persone più colpite, ma il fallimento delle nazioni ricche nel distribuire equamente i vaccini contro il Covid-19 ha impedito a molti attivisti di partecipare a questo importante appuntamento.

Chi rappresentano i quattro attivisti?

“I leader mondiali dovrebbero stendere il tappeto rosso alle persone più colpite da questa doppia crisi. Quella climatica e sanitaria e non negare loro di partecipare alla COP26”, dichiara Edwin Namakanga, attivista dell’Uganda. “Siamo solo quattro attivisti, ma rappresentiamo milioni di persone e le nostre voci devono essere ascoltate. Stiamo soffrendo le conseguenze di un’emergenza che non abbiamo creato e coloro che hanno il potere di determinare le politiche climatiche necessarie per fermare questa ingiustizia sono le stesse persone che ci stanno tradendo. È ora di sradicare questo sistema”.